L’ex ministro ed ex governatore Galan duro con Tosi: «Per una volta sono d’accordo con Zaia». Ma insiste: «Rimpasto in Regione»
PADOVA — Onorevole Giancarlo Galan, ci ha pensato? Non è che alla fine dei conti, se la Lega avesse fatto un risultato appena appena normale, avreste vinto le elezioni? «Questa è una domanda capziosa e tendenziosa, ma non per questo non risponderò. Sì, è vero: il centrodestra non ha vinto queste elezioni per colpa della mancata tenuta elettorale della Lega. Alla fine è pura aritmetica, basta fare due conteggi per rendersene conto».
Loro, i leghisti, dicono che hanno perso voti proprio per colpa dell’alleanza «forzata» con voi del Pdl, che sarebbe stata mal digerita dalla base militante. «Al prossimo leghista che mi dice che hanno perso voti per colpa dell’accordo con Berlusconi, per prima cosa gli do una schiaffo e poi gli dico che ci deve ringraziare, altro che».
Ringraziare? «Eccome. Se sono riusciti anche questa volta ad eleggere qualcuno in Parlamento, lo devono ai nostri voti che hanno trainato la coalizione».
Questi, nella Lega, sono i giorni del «processo» al segretario regionale Flavio Tosi per la debacle elettorale: si associa all’accusa? «Per una volta, sono d’accordo con il mio successore alla Regione Veneto Luca Zaia, che si è riscoperto un po’ più bossiano del solito e a Tosi gliele ha cantate. Fare quello che ha fatto lui, Tosi, a quattro giorni dalle elezioni, è una cosa che non si è mai vista. Ha radunato quelli della sua lista e ha detto loro: votate Lega per rafforzarmi ma sappiate che io lavoro a un altro progetto, che va oltre la Lega. Il risultato si è visto: l’11% a livello regionale. E per fortuna che gli aveva chiesto di essere rafforzato, altrimenti quanto prendevano?».
Tosi è un politico abile e scafato: avrà pure un disegno, se ha fatto quello che ha fatto, o no? «Comincio a pensare che non ci sia proprio nessun disegno o pensiero…».
E quindi? «Quindi, io credo che la vera motivazione dell’agire di Tosi stia semplicemente nel fatto che non gli è andata giù, quella volta, la fregatura che gli ha mollato Bossi. Lui aveva ricevuto una promessa, al congresso della Lega, la promessa che se avesse fatto un passo indietro nella contesa per la segreteria, lo avrebbero candidato alla presidenza della Regione. Invece poi sappiamo come è andata: Bossi gli ha preferito Luca Zaia, che riteneva più affidabile di Tosi, e lui non l’ha mai digerita. E adesso agisce così, perché sente di non avere più un partito che può sostenerlo».
Ma a cosa mira? «Quello che gli piacerebbe fare lo sappiamo da allora. Del resto, Tosi fra qualche anno concluderà il mandato da sindaco di Verona e non potrà ricandidarsi: deve pensare a crearsi un’alternativa».
A proposito di Regione: è sempre convinto della sua richiesta di rimpasto in giunta dopo l’esito delle elezioni? Zaia ha rimandato la proposta al mittente, assicurando che non cambierà neanche un assessore. «Capisco che Zaia risponda così ma io insisto, eccome se insisto. Ma vi pare normale la situazione? Mettiamo che domani arrivasse in Regione Veneto una delegazione dal lontano Iowa e scoprisse che quelli che prendono la metà dei voti hanno il presidente; non solo, hanno anche il presidente del Piemonte e da oggi anche quello della Lombardia, sempre con la metà dei voti nostri. Direbbero: questi sono matti. Ci vuole un riequilibrio. E se non lo chiede il nostro vicepresidente Marino Zorzato, che è cresciuto a pane e moderazione, lo farà per lui qualcun altro di più determinato».
Trasferiamoci a Roma: la aspetta un posto da deputato di opposizione oppure di maggioranza? «Bella domanda. Io, sinceramente, in campagna elettorale ero preparato psicologicamente a fare l’opposizione, mi vedevo già in aula a fare un bell’intervento in dissenso dal mio partito, che so, sui diritti delle coppie di fatto. Adesso, però, dico che dobbiamo dare un segnale di responsabilità agli italiani e agli altri Paesi, per dimostrare che l’Italia non è uno stato alla deriva».
Un segnale di concordia nazionale? «Io credo che Berlusconi e Bersani, anche da un punto di vista umano, possano trovare un punto d’intesa. Non un inciucio, sia chiaro, bensì un accordo con un orizzonte temporale limitato e su pochi punti essenziali: una nuova legge elettorale, perché questa è proprio ributtante, e alcuni provvedimenti vitali in materia di economia e lavoro. Questo, chiaramente, comporta anche un’intesa sulle principali cariche istituzionali, dal nuovo Capo dello Stato in giù. Se il Pd non ci rimette in mezzo ai piedi i soliti D’Alema e Prodi, si può fare, per davvero».
Alessandro Zuin – Corriere del Veneto – 27 febbraio 2013