Il Sole 24 Ore. Nell’area tutt’intorno al Parco nazionale del Gargano, in Puglia, ormai arrivano a stormi di migliaia. Tutti uccelli selvatici: spogliano gli ulivi centenari, lasciano gli olivicoltori con il raccolto dimezzato, ma soprattutto stanno gettando sul lastrico gli allevatori di bufale della zona, quelli che producono le mozzarelle. Gli uccelli sottraggono il mangime ai bovini, e se gli animali mangiano di meno producono meno latte.
Per conto di una di queste imprese agricole il professor Orazio La Marca, dell’Università di Firenze, ha anche recentemente fatto una perizia: per un’azienda che alleva 400 capi, il calo della produzione di latte arriva a causare anche 50mila euro di danni economici. «Senza contare – prosegue il professore – che lo sterco degli uccelli si mescola al mangime delle bufale e quando viene ingerito provoca aborti oppure porta la tubercolosi». E per legge, i capi infetti vanno tutti abbattuti.
Insomma, per gli allevatori pugliesi ormai è guerra aperta. Ma non solo contro gli stormi selvatici: ci sono i cinghiali, che ormai sono arrivati a pesare 1,3 quintali, più dei maiali. E ci sono i lupi, che così tanti da queste parti non se ne vedevano da cinquant’anni. Tutta colpa del Parco Nazionale del Gargano, dicono i contadini, perché è stato proprio l’ente ad aver reintrodotto nell’area questi animali selvatici. Poi la situazione è scappata di mano, così in 500 tra allevatori e viticoltori della zona si sono riuniti in associazione, con l’intenzione di imboccare le vie legali e intraprendere un’azione congiunta contro l’ente parco e la Regione Puglia, rei di non farsi carico del problema.
A guidare gli imprenditori è Nicandro Marinacci, ex onorevole di Forza Italia e dell’Udc, tra i più agguerriti. Proprio lui che, ironia della sorte, nel 1994 mise la sua firma sotto l’atto di fondazione del Parco Nazionale del Gargano: «Sia chiaro, resto un sostenitore dell’area protetta, alla quale all’epoca donai anche 20 ettari dei miei terreni – spiega – ma bisogna ammettere che la dirigenza del Parco ha fatto una programmazione pessima. Per colpa degli animali selvatici la produzione lattiera delle nostre aziende è calata del 30-35%, numeri da mandare parecchie di queste imprese a gambe all’aria».
Marinacci e i suoi colleghi, che l’8 marzo hanno anche improvvisato una manifestazione davanti all’ingresso del Parco, si appellano alla legge 394/91 sulla fauna selvatica: gli animali alloctoni (cioè non del luogo) devono essere recintati a spese di chi li ha introdotti in quella zona. Insomma le bufale devono poter pascolare liberamente – a differenza di quanto sostiene la dirigenza del parco, che ne chiede la recinzione agli allevatori – mentre lupi, cinghiali e uccelli devono essere tenuti sotto controllo dall’ente Parco.
Ormai quello dell’aumento incontrollato della fauna selvatica in Italia è un tema di grande attualità. Secondo la Coldiretti, ogni anno si contano in tutto il Paese 200 milioni di euro di danni all’agricoltura. Recentemente i contadini sono anche scesi in piazza a Roma, per sollecitare l’intervento del Parlamento a cambiare una legge che non è più al passo coi tempi.
Nel frattempo, la conflittualità giudiziale tra imprenditori agricoli e Regioni è andata aumentando: «La legge prevede che le aziende vengano indennizzate da uno speciale fondo regionale per i capi di bestiame persi», spiega l’avvocato Nicola Lucifero, partner dello studio legale Lca, l’uomo al quale l’associazione degli allevatori del Gargano ha dato l’incarico di studiare l’azione congiunta contro l’ente Parco. «Il problema – aggiunge l’avvocato – è che in questi casi non c’è solo il danno emergente, cioè la perdita dell’animale, ma anche il lucro cessante, cioè il mancato guadagno per tutto il latte che l’animale in questione poteva produrre e non ha prodotto».
E proprio su questo stanno puntando gli imprenditori che hanno fatto i primi ricorsi: «I danni da fauna selvatica sono eventi prevedibili – spiega l’avvocato Lucifero – e questo è il fattore legale vincente su cui bisogna puntare».