Provengono dal Regno Unito delle notizie non propriamente rassicuranti sulla salute dei gatti: sebbene i livelli siano tutt’altro che diffusi, vi sarebbe una crescita dei contagi da tubercolosi. Quali sono le ragioni e, soprattutto, ci si deve davvero preoccupare?
Così come riporta il The Telegraph e un numero di altre testate raccolte sotto la Union Jack, uno studio dell’Università di Edimburgo avrebbe rilevato una diffusione della tubercolosi nel gatto maggiore di quanto ipotizzato fino a oggi: 100 gatti su 100.000 sarebbero infettati da micobatteri, i responsabili dello sviluppo della tubercolosi.
I gatti – i quali non sempre sviluppano sintomi chiari della malattia – sarebbero infettati con il bacillo della tubercolosi bovina, probabilmente contratto nelle zone rurali, dall’assunzione di latte infetto e dalla caccia a roditori e piccoli tassi, da sempre fra gli animali più colpiti dalla sindrome. I ricercatori hanno quindi invitato i veterinari a stare all’erta e di considerare la tubercolosi già dai primi vaghi sintomi, affinché la salute del gatto sia preservata: se presa in tempo, infatti, la patologia consente una piena remissione. Per quanto riguarda il possibile passaggio all’uomo, invece, si ritiene che la chance siano ragionevolmente minime, sebbene rimanga una certa cautela: la vaccinazione non è obbligatoria nei paesi sviluppati, data la bassissima incidenza della malattia dovuta alle buone condizioni igienico-sanitarie, inoltre il vaccino stesso è ora in fase di rielaborazione perché l’attuale non sarebbe pienamente efficace. I ricercatori del regno unito hanno scoperto 187 casi di tubercolosi dei gatti, il 17% causato dalla tipologia bovina. In proporzione, i dati sull’uomo sono ben più rassicuranti: degli 8.963 casi di tubercolosi del 2011, meno dell’1% è stato di origine bovina, quest’ultimi solo 570 dal 1994 al 2011. Per questo motivo, i proprietari di gatti non devono essere assolutamente preoccupati della loro incolumità, dovrebbero però prestare attenzione alle condizioni del micio: se l’animale avesse difficoltà respiratorie o presentasse una ferita che non ne vuole sapere di guarire, il parere del veterinario deve essere tempestivo.
La trasmissione alle persone è possibile ed è avvenuta, ma il numero di casi negli animali domestici rimane basso, così è bassa la possibilità di contagio. Il fatto che esista la prova dell’infezione nel gatto dalla tubercolosi bovina deve aumentare la consapevolezza del suo riconoscimento da parte dei veterinari. Non vogliamo giungere a conclusioni affrettare sostenendo che i gatti siano i maggiori diffusori della tubercolosi, perché se questo fosse il caso avremmo notato un’incidenza della TB notevolmente maggiore nei gatti. E non vogliamo nemmeno mandare nel panico l’opinione pubblica sostenendo che i gatti siano il maggior rischio alla salute dalla TB, ma certamente c’è qualcosa che necessita di essere analizzato.
Queste le parole dell’esperta di medicina felina Danielle Gunn-Moore, la quale specifica ulteriormente per evitare altri allarmi:
I gatti sono più lo stadio finale piuttosto che il rischio di contagio per gli altri animali. In tutti i casi che ho dovuto affrontare nel Regno Unito, non ho rilevato alcun episodio di infezione umana dai gatti. C’è stato un piccolo numero di casi in cui l’infezione è passata dai cani agli umani. La mia più grande preoccupazione è il fatto che si trasmetta da tassi e roditori ai gatti, quindi il rischio per i felini stessi. Abbiamo notato un 1% dei campioni di laboratorio infetti dal mucobacterium, un fatto che ci spaventa ed è per questo che ci stiamo impegnando affinché i veterinari siano consapevoli nel riconoscimento.
In altre parole, pericoli praticamente inesistenti per l’uomo, ma rischi medi per il micio.
3 luglio 2013