Gelo sulle piste e conti in rosso. La crisi dell’ippica sembra non finire mai: nella prima metà di dicembre il bottino raccolto dalle scommesse è stato di 40 milioni di euro. Il calo, rispetto all’anno scorso, è del 24%.
Una ferita per i lavoratori del comparto (50 mila, più un indotto di qualche migliaio) che si aggiunge a quella dei mancati introiti dei premi al traguardo, che da 6 mesi non vengono pagati. Il ministero delle Politiche agricole ha fatto sapere che, per dicembre, non ci saranno pagamenti, assicurando però che tutti i crediti saranno saldati entro il primo trimestre dell’anno nuovo. Ma la categoria è nella bufera. E in attesa di sapere cosa cambierà dal 1º gennaio, quando entrerà a regime la gestione del settore affidata al ministero, dopo l’uscita di scena dell’Assi, l’agenzia smantellata ad agosto.
Ieri, a Milano, un gruppo di addetti ai lavori — allevatori, gestori di ippodromi, allenatori — si è riunito in un incontro organizzato dalla Lega ippica italiana: l’obiettivo dichiarato è dare vita a un libero comitato che rilanci l’immagine dell’ippica e sensibilizzi opinione pubblica e politica. Mancano i soldi e la disaffezione sale: dopo quello di Napoli, sono a rischio chiusura anche gli ippodromi di Montecatini, Livorno, Merano, messo in liquidazione. Oltre a San Siro, gioiello milanese dell’ippica minacciato da spalti vuoti e ghiaccio sulla pista. A piangere sono le casse: nel business totale del comparto giochi — una torta da 80 miliardi l’anno — oggi il peso dell’ippica è pari all’1,2% (circa un miliardo l’anno), briciole rispetto al 70 per cento di vent’anni fa. «La riforma avviata nel 2002 ha aperto il mercato ai giochi di ogni tipo senza adottare tutele per la scommessa ippica, più laboriosa e ragionata», lamentano gli addetti. Alcuni indicano il modello francese, passato in 10 anni dal 10 al 39% sul totale del comparto giochi. In Italia invece, dice chi ci lavora, l’ippica non è abbastanza sostenuta.
«Prima Alemanno poi Zaia avevano tentato, da ministri dell’Agricoltura, di avviare processi di riforma che però sono rimasti senza seguito per i molti avvicendamenti avvenuti ai vertici del ministero — commenta Cesare Brivio Sforza, vicepresidente di Alfea, la società che gestisce San Rossore, storico ippodromo pisano attivo dal 1854 —. Il sostegno sarebbe dovuto passare anche attraverso un’operazione di marketing sul prodotto ippica, ma tutto si è bloccato lasciando i lavoratori nell’impossibilità di sapere cosa accadrà domani».
L’avvicendamento tra Assi e ministero, contenuto nella spending review, è stato ritardato dal fatto che, nello stesso decreto, veniva disposto lo smembramento dell’Assi tra Mipaaf e Monopoli di Stato e lo scioglimento di questi ultimi. Ma la gestione pubblica non convince tutti gli addetti: «Siamo per un’autogestione delle risorse — dice Enrico Tuci della Lega ippica italiana, promotrice di una proposta di legge ferma dopo la caduta del governo Monti —. La sensazione è di abbandono da parte delle istituzioni». A rischio ci sono anche 20 mila cavalli. Per alcuni il destino potrebbe essere la macellazione: «Un disastro per uno sport la cui prima ragione è l’amore per i cavalli».
Giulia Ziino – Corriere della Sera – 22 dicembre 2012