Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha dato l’incarico di formare il nuovo governo a Giuseppe Conte che, come è prassi, ha accettato con riserva. «Sono consapevole della necessità di confermare la collocazione europea e internazionale dell’Italia» ha detto Conte che è espressione di Lega e M5S, ricordando i dossier europei su cui intende «impegnare a fondo l’esecutivo». Nell’enfasi europeista si percepisce l’intervento del Quirinale che ha sottolineato anche il rispetto dell’articolo 81 della Costituzione sul pareggio di bilancio. Resta il nodo dell’Economia: Lega e M5S insistono su Savona, è braccio di ferro con il Colle.
Sono due le promesse con cui il premier incaricato Giuseppe Conte ha debuttato: quella di porre a fondamento dell’azione di governo, nel pieno rispetto della Costituzione, il contratto siglato tra M5S e Lega, cui rivendica di aver contribuito, e quella di essere «l’avvocato difensore del popolo italiano». I due paletti servono a chiarire subito la “cifra” del professore pugliese di 54 anni, avvocato cassazionista e ordinario di Diritto privato a Firenze: fedele interprete del «governo di cambiamento» voluto da Luigi Di Maio e Matteo Salvini.
L’incarico da parte del presidente Sergio Mattarella è arrivato al termine di quasi due ore di colloquio. Le garanzie chieste dal Colle sono state aggiunte al discorso preparato da Conte, giunto in taxi al Quirinale: la consapevolezza «delle sfide che ci attendono» e della «necessità di confermare la collocazione internazionale ed europea dell’Italia». Un argine alle spinte euroscettiche ancora fortissime, soprattutto in casa leghista. E un impegno da mantenere ai prossimi appuntamenti: «I negoziati in corso sui temi del bilancio europeo, della riforma del diritto d’asilo e del completamento dell’unione bancaria: è mio intendimento – ha sottolineato Conte – impegnare a fondo l’esecutivo su questo terreno costruendo le alleanze opportune e operando affinché la direzione di marcia rifletta l’interesse nazionale».
Conte è stato “investito” dopo l’attacco dei Di Battista padre e figlio al Quirinale e nonostante le polemiche sul curriculum “indorato” svelato dal New York Times. Che ha salutato così l’incarico: «In Italia i populisti hanno fatto un grande passo verso il potere. Il Paese si avvia a diventare il maggiore dell’Ue guidato da forze anti-sistema». Altre ombre si erano aggiunte nel frattempo: un’ipoteca iscritta da Equitalia sulla casa romana di Conte per il mancato pagamento di una cartella da 52mila euro, poi cancellata, e un parere pro veritate redatto appena dieci giorni fa a favore del finanziere Raffaele Mincione, impegnato nella battaglia per il controllo della società quotata Retelit che gestisce i cavi in fibra ottica che collega nove città italiane. Un’impresa su cui il governo a guida Conte potrebbe esercitare i poteri che gli derivano dal golden power. Ombre, si diceva, che però, per i Cinque Stelle – di cui il premier incaricato è espressione (era stato indicato dal capo politico M5S come candidato ministro della Pa nella sua squadra) – sono state ampiamente fugate con dovizia di documenti esibiti dal professore allo staff M5S. E che sono state derubricate ad attacchi strumentali.
L’alleanza giallo-verde non ha mai vacillato. Già ieri mattina, dopo un nuovo incontro, i due leader hanno confermato al Quirinale l’intesa sul professore. E dopo l’incarico l’esultanza è stata piena. Prima da parte di Salvini («Sarà un governo dell’orgoglio, nessuno metta altri ostacoli»), poi di Di Maio, che ha ringraziato Mattarella (ma anche Grillo e Casaleggio) e ha voluto precisare come la scelta di Conte dimostri «che il vero leader è il programma» e che il premier «avrà la possibilità di far volare questo Paese, renderlo più snello e con più diritti».
Per Di Maio e Salvini, pronti a entrare al governo (il primo al superministero Sviluppo economico-Lavoro, l’altro al Viminale), è una vittoria della «sovranità popolare». Oggi al Colle nuovo round di consultazioni. Con tutti i partiti. Domani Conte dovrebbe sciogliere la riserva e stilare con il capo dello Stato la lista dei ministri: l’ultimo rebus di queste ore, prima di giurare. Forse già martedì il nuovo esecutivo potrebbe presentarsi alle Camere per la fiducia. Si comincerà dal Senato, dove la maggioranza può contare solo su sei voti di margine. Ma già si guarda a chi, nel Misto e altrove, potrebbe sostenere i legastellati. All’opposizione il Pd, con Matteo Renzi che annuncia la costituzione dei dem «parte civile per verificare se realizzeranno le promesse» , e gli (ex?) alleati di Salvini: Fi e Fdi. Che temono il tradimento. E le nozze M5S-Lega alle europee del 2019.
Manuela Perrone – Il Sole 24 Ore – 24 maggio 2018