Sembra aver mantenuto gli impegni presi con il Veneto, il ministro Andrea Orlando. Nell’incontro dello scorso marzo a Roma con presidenti e procuratori di Corte d’appello e Tribunali e con i presidenti dell’Ordine degli avvocati delle sette province, seguito ad anni di battaglie e appelli, il titolare della Giustizia aveva annunciato la revisione delle piante organiche e riconosciuto «che il Veneto è in condizioni peggiori di altre regioni».
Dalle parole ai fatti: Orlando ha appena inviato al Csm un «Progetto di rideterminazione delle piante organiche del personale di magistratura negli uffici giudiziari di primo grado», cioè Tribunali e Procure. Si tratta di una redistribuzione nazionale potenziata però dall’«aggiunta» di altri posti nella disponibilità del ministero in seguito alla riforma giudiziaria, che porterà al Distretto di Venezia l’incremento di toghe più consistente. Prima della fine dell’anno arriveranno 38 magistrati: 29 giudici e 9 pubblici ministeri. A seguire i Distretti di Bologna (+28) e Brescia (+25).
Il piano non deve passare per il Consiglio dei ministri e quindi diventerà operativo subito dopo il parere, non vincolante, del Csm. La ratio, spiega una nota del ministero, è di «restituire efficienza al sistema giudiziario» e di «riequilibrare e ridefinire, anche per fasi successive, l’organico degli uffici giudiziari di primo grado, al fine di un’ottimale distribuzione delle risorse disponibili e in una prospettiva di rientro da taluni squilibri». Orlando in particolare ha sollecitato una risposta adeguata alla domanda di giustizia nelle aree caratterizzate dai tessuti produttivi più forti del Paese e a specifiche esigenze di presidio nei territori con «endemici e pervasivi fenomeni di criminalità organizzata» e in quelli in cui si avvertono maggiormente «esigenze di salvaguardia e promozione della coesione sociale». Il progetto riguarda tutti i 136 Tribunali e le corrispondenti Procure previste dalla nuova geografia giudiziaria e i principali indicatori di valutazione sono la domanda di giustizia e la dimensione delle sedi. Il rapporto popolazione-magistrati, in passato criterio principale, resta solo come elemento di correzione della misurazione della domanda, mentre altri parametri fondamentali sono: il numero di imprese presenti e la loro concentrazione per circondario; l’incidenza della criminalità organizzata; i «city user», cioè i fruitori potenziali del servizio giustizia non residenti ma presenti per tutto l’anno o in alcuni periodi.
«Se il piano rimarrà questo sarebbe un buon inizio, quantomeno ci avvicinerebbe alla pianta organica delle altre regioni del Nord — dice Roberto Terzo, presidente regionale dell’Associazione nazionale magistrati —. Per esempio Venezia ha 10 sostituti procuratori, Bologna 23, Genova 25 e Firenze 27. Scontiamo decenni di sottovalutazione, nessuno ha mai chiesto di aumentare il personale del Veneto, nonostante fosse ampiamente sottodimensionato. Almeno ora viene riconosciuto che è in grave difficoltà, non più sostenibile. Non serve però aumentare i magistrati nei Tribunali e nelle Procure veneti, caratterizzati dal più alto tasso di produttività del Paese, se uguale misura non si adotta per Corte d’Appello e Procura generale. Se non si attivano più sezioni d’appello si crea un tappo, i fascicoli restano fermi o vanno in prescrizione. Bisogna aumentare anche i cancellieri (oggi sono 1803, ne mancherebbero 345, ndr): i colleghi del Civile sono costretti a fare i cancellieri e i dattilografi di loro stessi». Nella nostra regione c’è un magistrato ogni 13.105 abitanti (a Treviso uno ogni 26.100). «Abbiamo guardato con molta attenzione alla situazione critica del Veneto — spiega Cosimo Ferri, sottosegretario alla Giustizia — vogliamo che abbia gli strumenti per rispondere a temi di grande attualità oggetto di inchiesta (dal Mose alle tangenti ad Abano Terme, passando per la crisi delle banche, ndr). E poi esiste un tessuto imprenditoriale che richiede un maggior funzionamento della giustizia civile, anche in virtù della ripresa economica e della conseguente necessità di tutela delle piccole e medie imprese nel diritto al credito. La grande rivoluzione culturale è che il criterio di revisione degli organici non è più il rapporto statico toghe-popolazione ma il parametro dinamico effettiva domanda di giustizia-realtà economica. Ci sarà poi una seconda fase del piano, che aumenterà i magistrati in Corte d’Appello, ricorrendo al tesoretto derivato dalla riforma, e potenzierà gli amministrativi». «Se sarà davvero così è un risultato nel quale non osavo nemmeno sperare — nota Antonino Cappelleri, procuratore capo di Vicenza, la città che riceverà il maggior numero di toghe (8) —. Oggi ogni pm ha un arretrato di 1500 fascicoli». «L’importante è considerarlo un punto di partenza e non di arrivo — avverte Paolo Maria Chersevani, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Venezia — è un segnale importante di buona volontà, ma non abbassiamo la guardia. Continueremo a lottare, non per aver più delle altre regioni, ma il minimo previsto».
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 22 luglio 2016