di Luigi Oliveri. Dietro ai possibili rinnovi contrattuali, le mine vaganti dell’attivazione delle fasce di valutazione e della modifica dei fondi contrattuali decentrati. Nonostante la soddisfazione espressa dalle organizzazioni sindacali per la nuova stagione della contrattazione collettiva che potrebbe riaprirsi a seguito della sentenza della Corte costituzionale che ha considerato incostituzionale il blocco dei rinnovi, ma solo per il futuro, sono molte le «insidie» che si nascondono dietro i rinnovi contrattuali.
Fasce retributive. La necessità di distinguere in tre fasce di merito i dipendenti pubblici per effetto della valutazione del loro rendimento, imposta dalla riforma Brunetta, è stata quasi messa nel dimenticatoio, dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo 141/2011, che aveva di fatto «sospeso» gli effetti della riforma. L’articolo 6, comma 1, del citato decreto legislativo stabilisce, infatti, che «la differenziazione retributiva in fasce prevista dagli articoli 19, commi 2 e 3, e 31, comma 2, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, si applica a partire dalla tornata di contrattazione collettiva successiva a quella relativa al quadriennio 2006-2009». Il blocco dei contratti, protrattosi fino al 2015, ha di fatto impedito che le fasce di valutazione riprendessero vita, per ben quattro anni.
ItaliaOggi – 26 giugno 2015