La politica non si sogni d’incolpare industriali, artigiani e agricoltori se i soldi dell’Europa sono stati spesi poco e male. E non importa se a dirlo non sono solo i consiglieri regionali ma anche gli advisor indipendenti, che puntano il dito, ad esempio, sull’impiego del Fondo sociale europeo, accusando la galassia della formazione professionale di garantire la propria sopravvivenza e nulla più.
Ieri Confindustria, sbeffeggiata da Pietrangelo Pettenò della Sinistra («Hanno perso 40 milioni perché hanno scritto male il bando…»), ha replicato con una nota ufficiale ai dati diffusi dalla commissione Relazioni internazionali: «Sono gravi e infondate le accuse alla nostra associazione di aver “scritto male” il bando e di “non aver spiegato agli iscritti” le corrette modalità di partecipazione. Anzitutto non è Confindustria che scrive i bandi. In secondo luogo per ogni bando di interesse delle imprese Confindustria ha sempre fatto pervenire alla Programmazione osservazioni e proposte, che in parte sono state accolte ed in parte no, come spesso accade. In materia di energia, peraltro, i dati in nostro possesso dicono che, pur in presenza di un oggettivo ritardo del bando, siano già stati impiegati più di 6 milioni di euro e sappiamo che sono in arrivo altri progetti aziendali. Non si sono pertanto perduti 40 milioni di euro. Altra parte rilevante di fondi è stata investita in azioni di formazione continua e quindi in favore del capitale umano aziendale, rendendo complementari gli investimenti strutturali (il Fesr), con correlati investimenti formativi (il Fse)».
Da Confartigianato (che il 23 novembre terrà i suoi stati generali concentrandosi proprio sul tema dello sfruttamento dei fondi di Bruxelles) risponde invece il presidente Giuseppe Sbalchiero: «Tanto male i bandi che ci riguardano non devono essere stati sfruttati, visto che sono andati bruciati e sono stati addirittura rifinanziati. Se alcuni bandi sono andati deserti, semmai, era perché non servivano a nulla, lasciavano le imprese totalmente indifferenti». Proprio sulla «sopravvenuta inutilità» di alcuni provvedimenti e sullo scarso coinvolgimento delle categorie da parte della Regione si basa il contrattacco di Confindustria, che da un lato dice di ritenere un limite «l’insufficiente regia unitaria che non ha consentito la riprogrammazione di alcune iniziative divenute, con la crisi, non più strategiche» e dall’altra torna a ribadire la propria disponibilità in vista del nuovo programma Horizon 2014-2010: «Centralità dell’impresa, consolidamento del “nuovo manifatturiero” e dei “nuovi servizi”, la valorizzazione dei giacimenti culturali, artistici e paesaggistici, la realizzazione di una moderna piattaforma logistica, innovando le infrastrutture materiali e sviluppando quelle informatiche. Sono queste le nostre priorità».
Sempre sul fronte delle imprese si segnala la soddisfazione della Coldiretti («Il Programma di sviluppo rurale, impegnato per più del 90%, ha comportato una crescita netta del valore aggiunto del settore del 20%, con un incremento del 13% delle unità lavorative e del 7% della produttività del lavoro») mentre l’assessore al Lavoro Elena Donazzan difende quanto fatto sul fronte della formazione professionale grazie alle risorse del Fse: «Quasi 5 mila progetti finanziati e 272.555 partecipanti, per un totale di 686 milioni 801 mila euro, pari al 97% dell’importo programmato».
In chiusa, si segnala l’ennesima puntata dell’eterno scontro tra il presidente della commissione Relazioni internazionali Nereo Laroni e l’assessore al Bilancio Roberto Ciambetti, che già ieri era intervenuto per puntualizzare le osservazioni dei consiglieri. Secondo l’assessore, la commissione avrebbe evidenziato solo gli aspetti negativi («Peraltro marginali») del dossier predisposto dagli advisor, «scordandosi» di riportare anche la valutazioni positive in tema di lotta al credit crunch, imprenditoria giovanile e femminile, digital divide e difesa dell’ambiente.
Marco Bonet – Corriere del Veneto – 1 novembre 2013