Da una parte gli infermieri: in 55, tutti dipendenti dell’azienda, «battono cassa» rivendicando il saldo di quelle che definiscono «differenze retributive maturate» ma non ancora corrisposte. Sul fronte opposto si contrappone l’Usl 20, che non ha alcuna intenzione di cedere e bolla le pretese dei 55 infermieri come «infondate sia in fatto che in diritto», tanto da aver immediatamente deciso di dare battaglia in tribunale.
Terreno di scontro comune, i soldi. Tanti soldi: duecentomila euro totali per ciascuna delle annate al centro del contenzioso. Parliamo degli anni a partire dal 2007 in poi: calcoli alla mano, per l’Usl 20 il conto complessivo da saldare, alla fine, rischia di attestarsi a quota due milioni di euro.
Si prospetta come una «partita» a sei zeri, dunque, quella che sta per essere disputata all’ex Mastino. E spetterà proprio ai giudici del Tribunale civile scaligero decretare se la ragione penda dalla parte dei 55 infermieri oppure dell’Usl 20.
Su iniziativa dei dipendenti, l’azione legale promossa nei confronti dell’azienda per cui tuttora prestano servizio è scattata a dicembre dello scorso anno. Al centro dell’intero contenzioso, che sarà compito della sezione Lavoro del tribunale di Verona risolvere, risultano in particolare «differenze retributive asseritamente maturate» dai 55 ricorrenti a decorrere dal 2007 e fino a oggi. Da parte dell’Usl 20, è stato «ritenuto necessario che l’azienda si costituisca in giudizio al fine di tutelare i propri interessi e le proprie ragioni, stante l’infondatezza sia in fatto sia in diritto dell’impugnazione».
A rappresentare l’Usl 20 durante le udienze che si celebreranno nelle prossime settimane all’ex Mastino, non risulterà come solitamente avviene uno degli avvocati dipendenti del Servizio legale dell’azienda (di cui è primo referente l’avvocato Alessandro Azzini) in quanto verrebbe a profilarsi una situazione di oggettivo conflitto di interessi. Ragion per cui, in aula, a tutelare gli interessi aziendali comparirà l’esperto amministrativista Giovanni Sala. Di fatto, la matassa da dipanare in tribunale è strettamente legata al contratto interno dei dipendenti: nello specifico, i 55 infermieri che hanno fatto causa all’Usl 20 durante l’arco di tempo racchiuso tra il 2007 e il 2009 sono stati retribuiti dall’azienda a titolo di risultato. A decorrere dal 2009, invece, sono state introdotte quelle che in gergo tecnico interno vengono definite graduatorie per la progressione di fascia. Per dirla con parole più semplici, si tratta delle categorie (come B1, B2 e via a seguire) utilizzate per l’inquadramento professionale, e di conseguenza anche retributivo, di ciascun dipendente dell’Usl 20. Secondo quanto lamentano i ricorrenti, tuttavia, non sarebbe stato loro retribuito l’intero ammontare delle spettanze maturate né quand’era in vigore il regime interno che prevedeva il pagamento delle retribuzioni a titolo di risultato né dopo l’entrata in vigore delle cosiddette graduatorie per la progressione di fascia. Di tutt’altro avviso, invece, l’azienda che risponde sostenendo l’infondatezza delle pretese avanzate dagli infermieri promotori dell’iniziativa legale. Le possibili ripercussioni? Nel caso in cui il giudice del Lavoro dovesse, al termine della querelle che andrà in scena all’ex Mastino, pronunciare una sentenza che desse torto all’Usl 20, quest’ultima si troverebbe a dover rimpinguare il proprio fondo specifico aziendale per adeguarsi al verdetto e pagare (ovviamente, nella cifra esatta che dovesse essere stabilita dal magistrato civile) le differenze retributive arretrate chieste dai 55 dipendenti. Solitamente, quello stesso fondo viene invece destinato per corrispondere ai dipendenti il cosiddetto premio di risultato. Stavolta, al contrario, potrebbe servire per pagare gli arretrati. Al giudice l’ultima parola. Ancora una volta.
Laura Tedesco – Il Corriere di Verona – 2 ottobre 2015