di Filippo Tosatto. La sanità campana non brilla ma lo stipendio annuale dei suoi infermieri supera mediamente di 9 mila euro (lordi) quello erogato ai colleghi veneti che concorrono a garantire stardard di assistenza e cure giudicati tra i migliori d’Italia.
Non è il trito ritornello che contrappone il rigore nordista agli sprechi meridionali: in valori assoluti, la retribuzione di un infermiere nostrano è stimata in 31.492 euro a fronte dei 32.430 della media nazionale, quasi mille euro in meno; né va molto meglio agli operatori socio-sanitari (l’altro pilastro extra-medico del sistema del welfare) che ne percepiscono 24.740, -860 rispetto alla media italiana. È il punto di partenza della mobilitazione dai sindacati federali di categoria che sollecitano la Regione a dare risposta al disagio e alle aspettative del personale della sanità, afflitto dalla “forbice” tra calo reale delle retribuzioni ed aumento dei carichi di lavoro ospedalieri. «Una situazione insostenibile», è la diagnosi di Cgil-Cisl-Uil «che si traduce nella crescente difficoltà nel garantire alcuni servizi, come emerso da diverse segnalazioni e denunce del territorio».
Ma come si è giunti a questo paradosso? Per comprenderlo occorre valutare due fattori distinti: i bilanci delle aziende sanitarie e il fondo incentivi riservato ai dipendenti. Otto anni fa, il Governo impose alle sanità regionali in deficit (perlopiù centro-meridionali) piani di rientro che comprendevano il blocco del turnover ma non modificavano l’entità del fondo incentivante. Così, realtà quali la Campania – ma anche la Sicilia, la Calabria, il Lazio, la Liguria e altre ancora – si sono ritrovate progressivamente con un numero inferiore di addetti ai quali però – accanto a un’accresciuta mole di lavoro – è stata riservata una “fetta” maggiore nella suddivisione della torta premiale, rimasta invariata. Non così per il Veneto, che ha mantenuto i conti in ordine evitando una contrazione vistosa del personale (in 5 anni la flessione non ha superato le 160 unità) che tuttavia ha scontato la “fissità” del fatidico fondo incentivante, congelato per ragioni incomprensibili dal Governo.
Tant’è. Lavorare più (e spesso meglio) degli altri, ricevendo in cambio uno stipendio penalizzante – in Veneto, dal 2010 ad oggi, la spesa per il personale è calata di oltre 37 milioni – appare francamente inaccettabile. Ma a Venezia il margine di trattativa è strettissimo perché la dinamica salariale risponde alla contrattazione nazionale (peraltro ferma al 2009) e la legge non prevede trattative su base locale, consentendo alla Regione la semplice applicazione degli accordi romani. Tuttavia, nell’incontro di lunedì con i dirigenti sindadali, l’assessore alla sanità Luca Coletto ha riconosciuto l’esistenza del problema, impegnandosi ad approfondire sul versante tecnico le questioni emerse, in vista di un’ipotesi d’accordo. Un nuovo appuntamento è stato fissato per martedì a Palazzo Balbi, nel frattempo il direttore generale Domenico Mantoan ha avviato un monitoraggio nelle 21 Ulss e Aziende ospedaliere per verificare l’effettivo fabbisogno di personale, al quale, per l’anno in corso, è stato assegnato un budget di 2,72 miliardi. Nel concreto? Ignoriamo se dal cilindro regionale potrà spuntare qualche coniglio monetario; è evidente invece che si punterà a potenziare gli organici, così da alleviare i carichi di lavoro – riducendo la mole di straordinari, legata anche alle nuove prestazioni diagnostiche erogate in ospedale nella fascia serale – e garantire il rispetto delle nuove regole europee che allungano le pause orarie tra un turno e il successivo. Le nuove assunzioni, oltretutto, dovranno concorrere a ridurre le liste d’attesa, tuttora troppo elevate rispetto agli obiettivi indicati dal governatore Luca Zaia.
Nel concreto, è realistico attendersi l’assunzione entro dicembre di un centinaio di medici e di altrettanti infermieri. Si vedrà. Nel frattempo, lo stesso sindacato è cosciente che la partita si gioca su due tavoli: «Abbiamo chiesto all’assessore Coletto di fare fronte comune con noi affinché il Governo stanzi i fondi necessaria procedere con le assunzioni, e alla Giunta Zaia di sottoscrivere urgentemente un accordo che ripristini le risorse regionali».
In conclusione, la vertenza non investe soltanto la sfera salariale: evidenti le ricadute sul piano della qualità e della tempestività dell’assistenza ai pazienti. Una circostanza che sconsiglia tatticismi e demagogia a tutte le parti in gioco.
Il Mattino di Padova – 24 febbraio 2016