«La frode commerciale delle polpette alla carne di cavallo, venuta a galla grazie ai controlli e agli esami sofisticati fatti dai veterinari delle Asl e degli Istituti zooprofilattici sperimentali, denuncia l’urgenza di rivedere in primo luogo la gestione dell’anagrafe equina nazionale» ha dichiarato il presidente della Società italiana di medicina veterinaria preventiva Aldo Grasselli a margine di un convegno sul benessere animale organizzato a Roma con la Unione europea dei Veterinari igienisti. «Occorre riassegnare al Servizio Veterinario Nazionale la gestione dell’anagrafe e la banca dati degli equini affinché ne siano tracciati ufficialmente tutti i movimenti. Ci auguriamo che il Governo intervenga con provvedimenti contingibili ed urgenti in tal senso per recuperare la fiducia dei consumatori con la credibilità delle istituzioni di garanzia.
E prosegue: «Finora resistenze determinate da interessi marginali hanno ostacolato in Europa la realizzazione di strumenti giuridici e tecnici per dare maggiori sicurezze ai consumatori. Occorre una piena e trasparente tracciabilità delle filiere e una etichettatura chiara dei prodotti che dicano ciò che realmente occorre sapere».
«Il nostro Governo – conclude Grasselli – deve agire a livello europeo per esportare ed imporre a tutti i partner la nostra severità nei controlli veterinari al fine di non importare altri rischi stranieri che vanno a distruggere l’immagine delle nostre filiere alimentari e la credibilità del nostro sistema sanitario creando danni enormi alla nostra economia»
Febbre da etichetta. Lo scandalo carne di cavallo scatena un dibattito Ue. Politici per l’origine, Bruxelles no
Nei governi Ue sale la febbre da etichetta di origine per le carni trasformate. Anche se il commissario alla salute Tonio Borg continua a spiegare, l’ultima volta lunedì al Consiglio dei ministri agricoli Ue, che l’indicazione del luogo di origine non avrebbe impedito la frode dei piatti pronti che contengono carne di cavallo spacciata per manzo, la faccenda sta mettendo pressione ai politici europei. La storia sembra non avere fine. L’ultimo capitolo riguarda le polpette di Ikea, ritirate dal mercato in 15 Paesi del continente dopo che le autorità della Repubblica Ceca vi hanno rilevato tracce di carne equina. Anche la parte più oscura della faccenda, l’utilizzo a fini alimentari di cavalli dei circuiti sportivi, fa registrare novità inquietanti.
Come la scoperta in Francia, domenica scorsa, di carcasse provenienti dal Regno Unito con tracce di fenilbutazone, rilevatore principale della promiscuità di filiere che devono restare separate. Secondo il ministro all’agricoltura francese Stéphane Le Foll quei cavalli sono entrati «probabilmente» nel circuito alimentare.
La soluzione per i politici di mezza Europa è l’obbligo di indicazione d’origine, anche per le carni trasformate. Il regolamento sull’etichettatura dei cibi approvato nel 2011, prevede che la commissione entro l’anno presenti uno studio sull’argomento. Ieri la Commissione Ue ha deciso che il rapporto debba arrivare sulla sua scrivania già in estate o inizio autunno.
A favore dell’etichettatura oggi ci sono anche ministri come Ilse Aigner, che presentando il suo programma alle elezioni in Baviera (nel prossimo autunno) ha lanciato addirittura un piano che rafforzi l’obbligo dell’etichetta d’origine. Proprio lei che nel 2011 era stata tra le più fiere avversarie dell’introduzione di questo tipo di informazione.
Organizzazioni dell’industria alimentare come FoodDrink Europe ricordano che l’etichetta d’origine obbligatoria avrebbe costi significativi per le imprese, che dovrebbero cambiare confezione molto di frequente con un impatto non solo sui prezzi ma anche sui rifiuti da imballaggio.
Il ministro irlandese Coveney, presidente di turno del Consiglio agricoltura, insiste sulla necessità di aumentare il numero dei test al Dna, quelli che hanno consentito la prima scoperta di carne equina in un hamburger surgelato di manzo a metà gennaio. Di norma sono snobbati, oggi i laboratori sono sotto un diluvio di analisi. «Succede sempre così, le richieste si impennano solo quando scoppiano gli allarmi, come nel caso del batterio killer in Germania nel 2011». Lo racconta Pietro Piffanelli, coordinatore scientifico della piattaforma genomica del Parco tecnologico padano, che ha sviluppato già nel 2008 un metodo che permette di identificare fino a 13 diverse specie animali negli alimenti. «Di solito sulle carni si fanno un centinaio di analisi l’anno, contro le molte decine di migliaia che facciamo in totale. Ora, con lo scandalo della carne equina ne abbiamo effettuate altrettante in una sola settimana». Fare un piano di monitoraggio serio sugli alimenti forse potrebbe aiutare. Per ora, i politici europei sembrano preferire l’origine. (ItaliaOggi)
Etichettatura di origine: la Francia si muove
Cresce il numero di Stati membri dell’Ue che chiede l’etichettatura di origine delle carni nei prodotti trasformati. Ad affermarlo è il Commissario europeo per la salute e la politica dei consumatori Tonio Borg (foto sotto) dopo la riunione del Consiglio Agricoltura.
Borg ha inoltre dichiarato che la Commissione europea vorrebbe introdurre una nuova legge in grado di dare alla Commissione un potere vincolante per fare altri test del DNA sulla carne utilizzata nei prodotti alimentari trasformati.
Il regime di sperimentazione adottato dalla Commissione dopo lo scandalo della carne equina nei prodotti alimentari – ha precisato Borg – consiste solo in una raccomandazione agli Stati membri; attualmente la Commissione non ha il potere di insistere sulla sperimentazione. Borg ha anche sottolineato come, nonostante la complessità del problema, nell’Ue si registra un crescente movimento a favore dell’etichettatura di origine per i prodotti trasformati a base di carne. Ma prima di prendere in considerazione qualsiasi proposta la Commissione dovrà studiare attentamente il rapporto esterno di fattibilità che sarà pubblicato entro la fine dell’estate.
Nel frattempo qualcosa si muove in Francia. Dopo la riunione con i ministri competenti per la catena alimentare, il settore alimentare francese si è impegnato ad etichettare volontariamente l’origine delle carni utilizzate nei prodotti trasformati. Produttori, retailer, cooperative e imprese hanno convenuto di promuovere l’utilizzo di manzo, maiale e agnello francesi nei piatti pronti e in altri prodotti alimentari trasformati destinati al mercato interno.
La mossa francese è maturata dopo aver constatato che – nonostante la pressione della stessa Francia, ma anche di Germania, Gran Bretagna, Italia e altri Stati membri – la rapida adozione a livello europeo dell’etichettatura di origine dei prodotti alimentari trasformati a base di carne appaia assai improbabile in tempi brevi. Questo a causa della resistenza di alcuni Paesi, come i Paesi nordici che non si dimostrano così sensibili al problema e naturalmente delle lobby che con la mancanza di trasparenza aumentano il proprio giro di affari. Si rischia pertanto di dover arrivare ad un compromesso con conseguente dilatazione dei tempi.
Secondo un rappresentante del settore alimentare francese l’intera catena alimentare è vittima di una frode senza precedenti e, per fare in modo che questo non accada di nuovo, l’intero sistema si sta attivando in modo responsabile, impegnandosi ad intensificare i controlli e stilando una carta anti-frode. E i primi risultati starebbero già arrivando. La Findus – dopo che pezzi di carne equina erano stati scoperti nelle lasagne vendute con il proprio marchio, innescando lo scandalo – ha annunciato che utilizzerà solo carne bovina francese nei prodotti venduti in Francia.
Coldiretti esorta le multinazionali e le piccole aziende del settore alimentare ad affidarsi ai prodotti locali come materie prime per le proprie produzioni. Questi offrono maggiori garanzie di qualità e sicurezza alimentare, e a richiederlo è la stragrande maggioranza dei consumatori italiani che si sente più garantita dai prodotti “firmati” dagli agricoltori. (sicurezzaalimentare.it)
28 febbraio 2013 – riproduzione riservata