Paolo Baroni. Si potrebbe dire che non tutti i guai vengono per nuocere. Perché, anche se l’ombrello della Bce funziona bene e limita i danni, è chiaro che le turbolenze dei mercati causate alla crisi greca rischiamo di spingere all’insù i rendimenti dei nostri titoli di Stato aumentando la spesa per interessi. Di contro, però, il cambio euro/dollaro potrebbe scendere ulteriormente agevolando così ancor di più le nostre esportazioni.
ll problema, spiega l’economista Paolo Onofri, vicepresidente della società di consulenza bolognese Prometeia, è che stiamo entrando in un terreno «assolutamente ignoto». «Domenica – aggiunge – al referendum vinceranno i no oppure vinceranno i sì. E soprattutto a quale quesito dovranno rispondere i cittadini?».
Ripercussioni prevedibili per noi?
«Non è facile dire quali ripercussioni ci potranno essere, certamente ci sono delle ripercussioni origine finanziaria, che poi potranno avere delle ricadute anche sull’economia reale. Il primo impatto immediato, l’abbiamo già visto, è stato sugli spread e quindi sui rendimenti dei Btp che però sono tenuti sotto controllo dagli interventi della Bce. Se questi interventi continuano e si conferma la capacità di frenare lo spread, passato il panico della prima ora sulle borse, la situazione potrebbe lentamente rientrare. Ma fino all’orizzonte di domenica prossima».
A quel punto tutto dipenderà dalla vittoria dei sì o dei no.
«Entrambi i risultati non saranno certo risolutivi: ma se vince il no si andrà verso una situazione ancora più inesplorata e si tratterrà di vedere se sarà percorribile o meno la soluzione di un default controllato della Grecia. Se invece dovesse vincere il sì entreremmo in un territorio un po’ meno inesplorato, ma avremmo davanti altri sei mesi-un anno del tutto simili agli ultimi sei mesi. Perché è chiaro che la situazione greca, anche se vincono i sì, non si risolve certo da sola».
Tra l’altro, a quel punto, si aprirebbe un problema politico…
«Rifare le elezioni e formare eventualmente un governo di unità nazionale porterebbe certamente via altro tempo. Con riflessi meno drammatici su di noi, ma senz’altro con altri momenti di volatilità forte dei mercati. Effetti sull’economia reale italiana? Sono legati al grado di incertezza al quale andremo incontro. Potrebbero venire meno alcune coordinate sino a rallentare gli investimenti e magari spingere un pochino di più verso attività finanziarie diverse dal debito pubblico».
Il ministro Padoan sostiene che ci siamo sufficientemente rafforzati per cui non dobbiamo temere contraccolpi. D’accordo?
«Siamo in bilico tra stagnazione e ripresa, ma più passa il tempo e più i dati indicano che siamo in ripresa. Questo è indubbio. Sul piano della finanza pubblica mi sembra che il governo abbia ripreso le redini in mano, però potremmo dover fare i conti con un aumento della spesa per interessi. Tenendo conto che potrebbero esser stati previsti livelli di spesa che alla fine – uso un condizionale di cortesia – potrebbero risultare sottostimati».
Altre aspettative?
«Un’altra conseguenza, non negativa, di tutta questa vicenda potrebbe essere un cambio euro/dollaro che oscilla attorno a 1,10 anziché tendere a 1,15 come stava facendo. E poi un eventuale calo dei rendimenti del Bund decennale tedesco si potrebbe riflettere sui titoli americani allontanando, almeno per un poco, l’incremento dei tassi Usa. Che nel caso venisse deciso rappresenterebbe uno choc aggiuntivo per l’intero sistema finanziario».
La Stampa – 30 giugno 2015