Dopo che la cinese Shuanghui ha comprato per 4,7 miliardi di dollari l’americana Smithfield Foods crescono le preoccupazioni dei consumatori anche in Europa. Che attende un coordinamento degli accertamenti
È bastato che un’azienda alimentare cinese comprasse un’azienda alimentare statunitense per far tremare i polsi ai consumatori di mezzo mondo. La Shuanghui International, forte del boom economico del suo Paese, ha messo sul tavolo un assegno da 4,7 miliardi di dollari per rilevare l’americana Smithfield Foods. È forse una delle maggiori acquisizioni targate Cina, avvenuta a Wall Street, con certo non poche soddisfazioni da parte degli azionisti Usa che incasseranno 37 dollari per azione, circa il 30% in più del giorno prima dell’annuncio dell’operazione, ma con anche non poche preoccupazioni per i più grandi consumatori al mondo di salsicce e di hamburger.
La Shuanghui è il maggiore produttore di maiale in Cina ed è in parte controllata dalla banca d’affari Usa, Goldman Sachs, che nell’operazione, da buon broker, non sembra aver tralasciato gli interessi del mercato finanziario. La speranza però è che i banchieri della Goldman da sempre vicini a Washington non si siano dimenticati neppure degli interessi dei consumatori. La Smithfield è un colosso Usa che porta sulle tavole degli americani tutti quei prodotti che lasciano sempre un po’ di pensieri su come siano stati confezionati, dai wurstel agli insaccati, dalle polpette ai sughi. Smithfield ha assicurato che la vendita «mira a portare più carne di maiale sulle tavole dei cinesi e non viceversa».
Grazie all’accordo, infatti, la società Usa potrà avere accesso al mercato asiatico, uno dei maggiori al mondo per la carne e che continua a crescere in modo sostenuto pur in un contesto di crisi globale. Ma va da sé che anche la Shuanghui potrà accedere al mercato americano. I dati del dipartimento dell’Agricoltura dicono che l’anno scorso gli Usa hanno importato quasi 2 milioni di tonnellate di prodotti alimentari cinesi. E qui iniziano i problemi perché la Shuanghui è già finita nel mirino delle critiche per alcune partite di carne contagiate con il virus dell’aviaria.
“Le frodi, fermo restando l’azione di prevenzione e repressione delle strutture pubbliche, si possono evitare agendo su due fronti paralleli: da una parte le aziende produttrici, oltre a garantire la maggiore qualità e sicurezza dei prodotti che vendono, dovrebbero fornire informazioni corrette, complete e trasparenti nelle comunicazioni al consumatore finale (etichetta e pubblicità)” spiega Fabio Picciolini, presidente di Consumers Forum. “Dall’altro – aggiunge – il consumatore deve rendersi maggiormente responsabile e provvedere a informarsi adeguatamente su ciò che compra, valutando con attenzione il rapporto qualità-prezzo, mai comunque a discapito della sicurezza alimentare”.
Eppure le etichette non sempre bastano, anche perché a volte riportano dati che non reggono alle successive analisi di laboratorio. “Sono il biglietto da visita dei prodotti, ci dicono potere nutrizionale, i componenti, gli additivi, la presenza di eventuali sostanze allergeniche e la data di scadenza. Sono perciò sostanzialmente sufficienti di per sé come indice di sicurezza alimentare. Si deve però presumere che all’origine dei controlli di filiera, tutto sia adeguato e corretto”, sostiene Picciolini. E a monte della catena ci stanno prima le aziende e poi le autorità di controllo.
“Le aziende stesse controllano poiché devono attuare per legge delle procedure di autocontrollo, ma a loro volta devono essere verificate dalle strutture pubbliche competenti. In Italia esiste un controllo pubblico che viene esercitato da diverse strutture, che afferiscono ai principali ministeri (Ministero della Salute, Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Ministero dello Sviluppo Economico), ognuno competente nei relativi settori. Questo sistema alle volte genera sovrapposizioni di competenze che complicano l’efficacia dei controlli. Altrettanto complessa è la situazione dei laboratori di analisi”, spiega Agostino Macrì, esperto di sicurezza alimentare dell’Unione nazionale consumatori.
Ma quando i pericoli vengono da oltre confine non bastano le precauzioni di casa propria, serve una collaborazione internazionale. “Un coordinamento europeo non solo è possibile, ma indispensabile perché le frodi alimentari sono sempre più a dimensione sovranazionale e solo uno stretto coordinamento a quel livello può cercare di contrastarle”, sostiene Piergiuseppe Facelli, vicepresidente di Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, la European Food Safety Authority.
Come agenzia indipendente, l’Efsa si presta a offrire informazioni obiettive e attendibili, basate su dati scientifici aggiornati, in merito ai rischi sulla catena alimentare. Lo strumento creato dalla Commissione europea per la comunicazione dei rischi nel settore alimentare è il Sistema di Allerta rapido per gli alimenti e i mangimi (Rasff) a cui partecipano la stessa commissione, l’Efsa e i 27 Stati membri.
Affari e Finanza Repubblica – 19 giugno 2013