Dopo gli scandali scoperti la scorsa settimana in Gran Bretagna e in Norvegia, dove le autorità competenti hanno rilevato tracce di dna di carne di maiale rispettivamente in salsicce di pollo Halal (servite in almeno una scuola elementare di Londra) e in prodotti commercializzati da venditori di Kebab, un caso potrebbe coinvolgere presto anche l’Italia.
A denunciarlo è Halal International Authority (Hia), l’unico organismo italiano, membro del World Halal Food Council, riconosciuto a livello internazionale da enti Governativi e non, in grado di certificare a livello mondiale prodotti agroalimentari e servizi secondo gli standard islamici. Pubblichiamo di seguito il comunicato ricevuto da Hia
Secondo una ricerca in corso da parte di un pull di esperti sulla sicurezza alimentare, interna all’Authority italiana, sta emergendo che in Lombardia da tempo si verificherebbero numerose anomalie nella commercializzazione e nella vendita di prodotti Halal. E gli esercizi commerciali dove si registrerebbero le irregolarità maggiori sono soprattutto le macellerie.
Il centro nevralgico dove si registrano più casi sarebbe Milano.
L’organismo di controllo di HIA, infatti, ipotizza che su 300 esercizi commerciali del capoluogo lombardo, circa 220 venderebbero carne spacciata per “Halal” ma in realtà si tratterebbe di scarti di carne di macelli e di carne non assolutamente conformi alla religione islamica. Dunque, queste carni potrebbero contenere tracce di dna di maiale oppure macellate secondo un rituale non islamico.
L’allarme è stato lanciato da Halal International Authority (HIA) già nel corso del World Halal Food Council Europe, ovvero il Concilio Europeo sul cibo Halal che si è svolto il due marzo scorso a Milano.
Un evento di portata mondiale che ha riunito i rappresentanti di tutti gli enti di certificazione Halal internazionale (tra cui la stessa HIA oltre ad Halal Quality Control, Halal Food Council, Halal Institute of Spain, European Institute of Halal, Halal Control, The Grand Mosque of Paris, Halal Certification Services, Total Quality Halal Correct, The Muslim Religious Union of Poland e The Muslim Food Board) insieme con alcuni rappresentanti mondiali (MUI e IFANCA) i quali hanno espresso la loro forte preoccupazione riguardo a questa tematica.
Il fenomeno non va trascurato, anzi è necessario che ciascuno, autorità preposte e istituzioni nazionali, faccia la sua parte per impedire che tutto questo non ricada con pesanti conseguenze in termini etico-morali sui circa 2.000.000 di musulmani residenti nel nostro Paese.
Per evitare che tutto ciò accada, l’Authority HIA si è già messa al lavoro. Come stabilito durante il World Halal Food Council (che ha affidato esclusivamente a quest’ultima il compito di vigilare sul mercato Halal) l’ente di certificazione ha istituito da qualche settimana un organo di sorveglianza per eseguire controlli a tappeto alle aziende che dichiarano di essere in possesso di prodotti Halal.
Le verifiche stanno coinvolgendo sia i produttori che le aziende dedite alla commercializzazione, punti vendita al dettaglio inclusi.
L’organo di controllo, autonomo e indipendente, è costituito da quattro massimi esperti della materia: uno di “Food Processing Halal”, uno della Shari’a Islamica, un esperto di sicurezza alimentare e infine un rappresentante legale pronto a segnalare eventuali irregolarità alle autorità competenti, in particolare a forze dell’ordine e magistratura.
I controlli saranno eseguiti su tutto il territorio nazionale e a cadenza mensile così come autorizzato dal World Halal Food Council.
L’obiettivo principale delle verifiche sarà quello di abolire in modo radicale ogni forma illecita (secondo la Shari’a Islamica) di rilascio di dubbie certificazioni Halal oltre che tutti i processi derivanti.
I dati raccolti dalle verifiche –come ha annunciato il presidente di HIA Sharif Lorenzini – saranno racchiusi in un dossier che verrà consegnato alle autorità competenti. L’auspicio – ha detto inoltre Lorenzini – è che queste ultime mostrino sensibilità al tema e che decidano di avviare in tempi brevi proficue occasioni di confronto per regolarizzare in modo definitivo il sistema delle certificazioni Halal.
Un risultato che –ha concluso Lorenzini – permetterebbe di garantire ai musulmani residenti in Italia tracciabilità e trasparenza, al fine di rispettare i loro stili di vita. Non è più tollerabile accettare questo genere di limitazioni per una comunità che sogna un’integrazione sociale davvero a tutto campo”.
Fonte: Hia – 25 aprile 2013