Responsabile la scarsa competività del sistema. E i listini roventi della Norvegia non consolano.
Stranezze dei prezzi nostrani. In Italia gli alcolici, le bevande non alcoliche e il tabacco costano meno della media europea. Secondo Eurostat, il cibo in genere costa il 13 per cento in più. Pane, carne e cereali sono circa il 15 per cento più cari del livello mediano continentale e – bistecche escluse – i listini sono meno leggeri persino di quelli tedeschi e francesi, paese dove il costo della vita è più alto del nostro (sempre in media). Il prezzo del latte è il terzo più alto dell’Unione, ci battono solo i greci e i ciprioti. Non ci siamo, vero?
Un po’ è la distribuzione, un po’ è anche la morfologia della penisola che rende i trasferimenti più onerosi. Ma il caso del latte fa venire i pensieri più neri. Come? L’agricoltura ben sovvenzionata dall’Europa e le nostre vacche gioiose sui pascoli alpini ci fanno pagare il litro di nettare bianco più di tutti gli altri? Il doppio rispetto ai polacchi, un quarto più dei francesi. E’ un indice di probabile disfunzione, di un sistema agricolo caseario pasciuto di sovvenzioni.
Certo il sistema delle quote non proprio equilibrato ha avuto il suo peso, fanno notare gli addetti ai lavoro. Ma come scusa non basta. Per il latte e per molto del resto. Soprattutto perché, tornando ad alcolici e tabacchi, qui i listini li fanno più che altro le tasse. Il sospetto che le tasche del consumatore non siano il primo dei pensieri di alcuni fra produttori e allevatori guadagna ogni giorno maggiore sostanza.
Ps. Se per caso qualcuno volesse trasferirsi in Norvegia, tenga presente quanto segue. Il costo medio del cibo è dell’84 per cento superiore alla media Ue. Pane e cereali + 83 per cento. Carne + 79%. Pesce +44%. Latte + 114 per cento. Sigarette +170%. Alcolici + 188 per cento. Frutta + 178. Meglio l’Italia (o la California). E c’è pure un tempo migliore.
La Stampa – 6 settembre 2013