Sul prezzo del latte si sta giocando una partita decisiva per la sopravvivenza delle stalle italiane. Dopo una serie infinita di «no», l’industria lattiero casearia ha aperto alla possibilità di sedersi nuovamente al tavolo con le organizzazioni degli allevatori. Il vertice è fissato per martedì 4 agosto al ministero della Politiche agricole. L’apertura, però finisce qui. Non è detto che le parti debbano per forza raggiungere l’accordo. Anzi, le premesse sono negative.
Sotto le pressioni della componente francese l’industria di settore spinge da mesi per imporre un meccanismo che indicizzi il prezzo del latte riconosciuto ai produttori italiani a quello praticato in Baviera, addirittura al di sotto dei costi di produzione che sostengono i nostri allevatori, più un piccolo «premio» quantificato nei costi di trasporto che sosterrebbe l’acquirente comperando il latte bavarese. Il gioco dell’industria è chiaro: pagare la materia prima ai valori tedeschi per vendere poi i formaggi a quelli italiani.
Berlino non è centrale soltanto quando si decide il salvataggio della Grecia. Oltre che in banca, nella finanza pubblica e nelle scelte di politica monetaria, anche sul latte il modello è quello tedesco. Così rischiamo che alla fine la Merkel detti legge pure nelle stalle. E la svendita dell’ex «oro bianco» italiano, avverrebbe addirittura sotto la regia dei francesi.
Né paiono risolutive le proposte avanzate in settimana dal ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, che ha gettato sul piatto alcune misure per la promozione in Italia e all’estero dei nostri prodotti lattiero caseari, la ristrutturazione del debito per le aziende zootecniche in difficoltà e agevolazioni sull’Iva per gli allevatori. Agevolazioni che, fra l’altro, incapperebbero sicuramente nel «niet» della Commissione Ue, assolutamente contraria a detassazioni mirate su singoli comparti produttivi. Che Bruxelles declina come «aiuti di Stato». Tolta questa voce, però, del pacchetto Martina resta ben poco.
Gli allevatori spingono per un accordo che consenta di indicizzare il latte ad alcuni panieri di riferimento. Sul modello dell’intesa raggiunta in Lombardia pochi giorni or sono dalle organizzazioni agricole con la Confcooperative. In pratica il prezzo del latte verrebbe fissato sulla base di un indice calcolato a sua volta su tre sotto-panieri. Il primo peserebbe per il 55% e rappresenterebbe la media dei prezzi dei derivati del latte in Italia. Il secondo relativo ai prezzi delle materie prime per l’alimentazione zootecnica, con un peso del 20%. Nel terzo paniere, con un peso del 25%, finirebbero i prezzi sui mercati esteri di latte e derivati.
Un meccanismo complesso che porterebbe ad esempio per il mese di maggio 2015 – ultimo censito dagli organismi internazionali del settore – un prezzo base di riferimento di 37,004 euro per 100 litri di latte. In pratica 37 centesimi al litro, decisamente superiore ai 30 pagati in Baviera e pure ai 35 scarsi che sempre a maggio rappresentavano il prezzo medio al litro corrisposto ai produttori italiani.
Negli ultimi 12 mesi le quotazioni all’origine in Italia, hanno già subito un crollo del 19%. Adeguandole a quelle bavaresi la svalorizzazione sarebbe nell’ordine del 30% e il prezzo, soprattutto, scenderebbe abbondantemente al di sotto dei costi di produzione che si aggirano sui 40 centesimi al litro. Entro la prossima settimana arriverà il dato preciso per il latte lombardo calcolato dall’Ismea. Un valore di cui si dovrà tener conto al tavolo ministeriale di martedì.
Attilio Barbieri – Libero – 1 agosto 2015