Il pesce bollito che puzza, la fettina tipo pezzo di legno, la pasta scotta. Decine di genitori italiani in questi mesi hanno scritto al ministro della Sanità Beatrice Lorenzin per segnalare la scarsa qualità dei piatti preparati dalla mensa della scuola dei loro figli. «Così alcune settimane fa ho chiesto ai carabinieri dei Nas di fare dei controlli a campione negli istituti. Aspetto i risultati per dare una valutazione. Faremo il punto a tre mesi dall’avvio delle ispezioni, seguendo il metodo già utilizzato per la task force che ha approfondito la situazione di nelle residenze per anziani e disabili ». Lorenzin ha parlato ieri durante l’assemblea di Federalimentare a Cibus, il salone dell’alimentazione che si svolge a Parma.
L’indagine dovrà anche chiarire se il cibo consumato a scuola dai bambini è adatto ai loro bisogni anche dal punto di vista nutrizionale. Esistono tabelle, stilate anche dallo stesso ministero, su come bilanciare l’alimentazione dei bambini. «Il ruolo delle scuole è importantissimo — ha detto il ministro — Ho mandato i Nas per fare controlli a campione, per verificare se la qualità dei cibi richiamati nelle diete sia consono con la qualità garantita ai nostri bambini. Ci interessa andare a fondo per capire se esiste veramente un problema, e di che tipo di problema si tratta».
Commenta positivamente l’iniziativa del ministero la Coldiretti. «Un italiano su cinque ha una valutazione negativa dei pasti serviti nelle mense scolastiche di figli o nipoti mentre il 42% ritiene la ristorazione appena sufficiente», dicono dall’associazione, che ha fatto un’indagine su questo tema: «Non è un caso che una netta maggioranza dell’83% ritiene che le mense dovrebbero offrire i cibi più sani per educare le nuove generazioni dal punto di vista alimentare mentre solo il 13% ritiene che dovrebbero essere serviti i piatti che piacciono di più». Coldiretti sollecita le mense a privilegiare i cibi locali a km zero «che valorizzano le realtà produttive locali e riducono i troppi passaggi intermedi dietro i quali più elevato è il rischio di frodi e sofisticazioni».
( mi. bo.) – Repubblica – 10 maggio 2016