Repubblica. Tutti lo vogliono, tutti cercano chi lo rilascia. Ma l’agognato Green pass, indispensabile salvacondotto che apre le porte a viaggi, vacanze, concerti, eventi sportivi, è l’araba fenice. Semplicemente perché non esiste. È (per così dire) entrato in vigore in Italia dal 26 aprile, ma non esiste. Non c’è alcun documento digitale o cartaceo, nessun passaporto vaccinale da scaricare o da richiedere per dare forma e consistenza a quanto previsto dall’ultimo decreto legge firmato dal premier Draghi: spostamenti consentiti in Italia anche da e per regioni rosse o arancioni a chi è vaccinato con doppia dose o è guarito dal Covid (in entrambi i casi da non più di sei mesi) o a chi ha un tampone negativo effettuato da non più di 48 ore.
E a complicare i dubbi e le incertezze di milioni di italiani che cercano di capire come ottenere la certificazione richiesta, la sua validità e le circostanze in cui è richiesta, ci si è messa, prima, la bocciatura del Garante della privacy, ora, anche la conseguente decisione dei medici di famiglia di non rilasciare ai propri assistiti i certificati che a migliaia in questi giorni stanno chiedendo ai loro studi.
Il no dei medici di famiglia
Se si è stati vaccinati in una struttura pubblica o se si è guariti dal Covid, inutile chiedere al proprio medico di base di rilasciare il relativo certificato. L’indicazione partita dalla Federazione dei medici di medicina generale è questa. E sono in tanti ad avere già ricevuto un rifiuto. «Il Garante della privacy ha fatto dei rilievi precisi al decreto giudicando illegittimo un certificato di questo genere — spiega Renzo Le Pera, vicesegretario nazionale della Fimmg —. E, d’altra parte. non vedo perché dovremmo essere noi a prenderci responsabilità che non ci competono. Io posso rilasciare un certificato di avvenuta vaccinazione se io somministro il vaccino, ma se lo fa una struttura pubblica è lì che viene rilasciata la documentazione che attesta data, dose e tipo di vaccino. Così, per chi ha avuto il Covid: tocca al Dipartimento di salute pubblica rilasciare al paziente la comunicazione di uscita dall’isolamento dopo la guarigione. E quello fa fede. Trovo folle chiedere a noi medici di famiglia di rilasciare certificazioni che non esistono».
Il certificato di vaccinazione
Sono pochissime le Regioni che, sulle piattaforme dedicate al Covid, hanno già previsto il rilascio del documento di avvenuta somministrazione di entrambe le dosi. La Regione Lazio ne ha caricati 500 mila e in 250 mila lo hanno già scaricato. Anche la Campania ha previsto un link apposito. Per tutte le altre, basta l’attestazione rilasciata dalla struttura in cui si è stati vaccinati che riporta data e dosi.
Tamponi a prezzo calmierato
Per chi non è vaccinato né guarito, l’unica alternativa è il tampone. E, in previsione di una grande richiesta in vista delle vacanze, diverse Regioni stanno fissando un prezzo unico per evitare la corsa al rialzo che potrebbe rendere insostenibile una spesa (ripetuta) soprattutto per le famiglie con minori che certamente non sono vaccinati (dai due anni in su il tampone è obbligatorio). Per il momento, i prezzi nelle Regioni che li hanno fissati vanno dai 15 euro dell’Emilia Romagna ai 22 del Lazio ai 26 del Veneto, ma in Lombardia c’è chi chiede anche 50 euro per un antigenico. E c’è chi chiede che i costi siano a carico dello Stato.
Autocertificazione valida
Insomma, in attesa che il green pass si materializzi ( cosa che avverrà probabilmente d’intesa con la Ue entro giugno) per muoversi serve sempre la vecchia autocertificazione. In aeroporti, porti, stazioni o per strada è quella che bisosgerà compilare per chi si muove in regioni rosse o arancioni. Unita ai certificati richiesti darà il via libera. Al momento solo inItalia.