Il Sole 24 Ore. I presunti rapporti con il Commissario straordinario Domenico Arcuri sarebbero stati così stretti da indurre gli indagati a proporre al Governo italiano altre forniture milionarie, come le mascherine Ffp3, i tamponi rapidi “pungi-dito” e i guanti. Addirittura speravano in un nuovo lockdown per novembre, così da fare “lucrosi affari”. All’ombra della crisi sanitaria – si legge negli atti – si sarebbe mossa una “mediazione illecita” degli imprenditori Mario Benotti e Andrea Tommasi, forti di un presunto “ascendente sulla struttura commissariale anti-Covid”, accusata per questo dai pm di Roma di aver “preferito affidare a freelance improvvisati, desiderosi di speculare sull’epidemia” i contatti con i fornitori cinesi e l’organizzazione di certificazioni e trasporti.
L’inchiesta è quella sulla fornitura di 801.617.647 mascherine chirurgiche del valore di quasi 1,3 miliardi di euro, con provvigioni intascate dai mediatori pari a 70 milioni, somma ieri sequestrata dalla Procura. Ma al di là delle accuse penali – che riguardano principalmente Tommasi, ai vertici della Sunsky srl, e Benotti, giornalista Rai in aspettativa e legato alla società Microproducts it srl – gli atti sollevano più di un interrogativo sulla gestione dell’emergenza epidemiologica. A partire da Arcuri, sul quale pende una richiesta di archiviazione e che annuncia, con una nota stampa, di essere estraneo alle indagini e di essere stato “oggetto di illecite strumentalizzazioni”.
Per gli investigatori della Guardia di finanza l’intreccio di relazioni emergerebbe analizzando le date: tra gennaio e il 6 maggio 2020 le comunicazioni telefoniche tra Arcuri e Benotti sono frenetiche. Se ne contano 1.280 tra chiamate ed sms. Contatti che diventano quotidiani a febbraio, marzo e aprile. Il 25 marzo – una decina di giorni dopo la nomina di Arcuri a Commissario straordinario ma prima dell’avvio della struttura – Benotti riesce a ottenere la mediazione per la fornitura di oltre 801 milioni di mascherine, pagate tra l’altro a un prezzo superiore rispetto ad altre comprate nel medesimo periodo. Secondo i pm “lo schema di azione che ne risulta è quello dell’intermediario, il quale, forte del suo credito verso il pubblico ufficiale, ottiene, per sé e per i suoi soci, un compenso per una mediazione andata a buon fine. Tale attività di interposizione è stata svolta dal Benotti ed è fondata sul rapporto personale con il commissario straordinario”.
Del presunto rapporto Arcuri- Benotti ne sarebbe stato a conoscenza anche Mauro Bonaretti, consigliere della Corte dei Conti e inserito nella struttura commissariale col compito di acquisire e distribuire vaccini. In una intercettazione telefonica del 22 ottobre scorso, Benotti chiarisce il suo ruolo nell’approvvigionamento delle 801 milioni di mascherine: “Glieli abbiamo portati e fintanto sdoganati, perché Arcuri non era in grado nemmeno di sdoganarli, perché Minenna (Marcello, direttore dell’agenzia delle Dogane, ndr) ce l’aveva…”.
Come più in alto detto, su Arcuri pende una richiesta di archiviazione della Procura, dunque ora sarà il gip a valutare tutte le ricostruzioni investigative. Di certo c’è che la prima accusa – poi caduta – era la presunta corruzione di esponenti non individuati della struttura commissariale: soldi in cambio della fornitura di mascherine. A monte di questa ipotesi preliminare c’era una intercettazione di novembre scorso tra Benotti e Tommasi: “Qualcuno attende di riceve denaro” con una “valigetta”. Agli investigatori non risultano passaggi illeciti di denaro, fatto confermato indirettamente da una intercettazione di Tommasi con la sua segretaria: “Non ho dovuto pagare per realizzare l’affare”.