La sveglia la dà un nuovo studio danese: maiali sottoposti a trattamenti antibiotici sono più a rischio di sviluppare colture di batteri resistenti, che a loro volta possono trasferirsi nell’intestino degli allevatori stessi, a seguito di contaminazione dagli animali. Con potenziali ricadute future sulla salute pubblica.
Lo studio, pubblicato sul Journal of Antimicrobial Chemotherapy, si focalizza in particolare su batteri produttori di betalattamasi a spettro esteso (Esbl), enzimi prodotti sulla superficie delle cellule batteriche e che annullano l’efficacia degli antibiotici. Una sorta di corazza quindi. Tale fenomeno sarebbe dovuto all’uso di cefalosporine, una delle classi più frequentemente presenti di antibiotici- che hanno agito selezionando colture dotate di resistenza.
In particolare, dallo studio della Danish Technical University e del National Food Institute viene reso noto che almeno un maiale nel 79% degli allevamenti con un elevato consumo di cefalosporine presenta batteri coliformi Esbl. I ricercatori hanno inoltre analizzato 195 allevatori da 39 allevamenti: delle 19 persone positive ai coliformi Esbl, solo una non aveva avuto contatto con i maiali. Il legame non lascia adito a dubbi.
La presenza di batteri resistenti agli antibiotici non è un problema immediato. Ma in caso di infezioni successive, può diventarlo, rendendo difficili le cure con gli antibiotici ad uso umano.
Il tema degli antibiotici negli allevamenti è particolarmente caldo per l’Europa che li ha banditi da alcuni anni (dal gennaio 2006) ma che ora, in ragione dei negoziati Transatlantici con gli Stati Uniti (Ttip), li vede al centro della discussione. Ora è proibito importare in Europa carne trattata con antibiotici, ma tra le richieste degli Usa ci sarebbe quella di abbandonare tale tabù. Ma, come sembra sempre di più confermare l’evidenza, i rischi sono troppi.
L’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), insieme all’European Center for Disease Control, è responsabile del monitoraggio della resistenza batterica in Europa, e fornisce aggiornamenti annuali sul tema. Proprio l’Efsa nei mesi scorsi aveva sottolineato come gli allevamenti intensivi dei paesi del nord Europa fossero quelli in cui maggiore fosse la diffusione di fenomeni di resistenza batterica. Infatti, proprio in Germania (ma anche in Belgio e Francia), ci sarebbe prova dell’emergere di nuovi ceppi batterici (salmonella, nello specifico) capaci di sopravvivere a trattamenti bomba a base di carbapenem. Un antibiotico considerato critico e utilizzato come extrema ratio nella lotta ai microorganismi.
Sicurezza Alimentare Coldiretti – 25 giugno 2014