Un bilancio pieno di segni meno dinanzi alle voci di spesa ma con una ripartizione dei costi che continua ad essere fortemente sbilanciata per via del “carico previdenziale” che grava sulla Camera dei deputati così come sul Senato. E così se la presidenza di Montecitorio esulta per una dotazione che resta fissa a 943,16 milioni attestandosi allo stesso livello del 2013 (il taglio di spesa per il 2016 sul 2015 è pari al 2,11%), resta che 403 milioni su 943 (oltre il 40%) serve a pagare assegni previdenziali agli ex dipendenti e vitalizi agli ex deputati.
Mentre, ad esempio, per far funzionare gli organi di Montecitorio (ivi compresi gli stipendi dei deputati attualmente in carica) è sufficiente il 27,6% delle risorse. E questa voce di spesa è tra le pochissime che non accenna a diminuire. Il costo delle pensioni per i dipendenti infatti nel 2016 aumenta del 4,32% rispetto al 2015 e continua ad avere un trend di crescita anche nel 2017 e nel 2018. Il costo dei vitalizi, invece, nel 2016 diminuisce dell’1,8%, ma viene dato in risalita nelle previsioni per il 2017 e il 2018. Ed in quest’ultimo anno, in coincidenza con la conclusione naturale della legislatura, la stessa spesa complessiva di Montecitorio viene prevista in aumento rispetto all’anno precedente di un 2,41 per cento.
Questo il quadro di un bilancio nel quale, comunque, risulta assai difficile trovare incrementi dei costi. Dai servizi di ristorazione (-12,60%) alle spese telefoniche (-11,31%), dagli stipendi del personale (-10,58%) alla locazione di immobili (-11,66%), le spese subiscono ovunque una decurtazione a doppia cifra. Curiosamente, fanno segnare un trend in controtendenza, con un lieve aumento da quest’anno al 2018, gli emolumenti per il personale non dipendente.
Austerity ovunque, tranne che per qualche eccezione: le manutenzioni ordinarie sono costate il 4,6% in più, il potenziamento delle strutture di supporto del Parlamento hanno avuto un’impennata del 211 per cento. Ed anche le commissioni d’inchiesta hanno drenato più fondi facendo segnare un più 20 per cento. Quanto alla categoria “patrimonio artistico, bibliotecario e archivistico storico”, la voce “opere d’arte” (comprensiva dei restauri) si ritrova accanto un più 20% ma in compenso le biblioteche hanno speso il 12% in meno e l’archivio storico ha ridotto i costi del 7 per cento.
Il risultato di questo lavoro di tagli è stata la restituzione al bilancio dello Stato di 47 milioni di euro, 30 dei quali facevano parte dell’avanzo di amministrazione accertato al termine dell’esercizio di competenza 2015, 6 dall’applicazione delle misure di riduzione delle retribuzioni del personale dipendente e 10,7 milioni dalle trattenute sui trattamenti previdenziali derivanti dall’applicazione ai vitalizi e alle pensioni del contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici più ricchi introdotto dalla legge di stabilità del 2014. Questa somma, dice la relazione dei questori allegata al bilancio, se aggiunta ai risparmi ottenuti nel 2013, 2014 e 2015, porta a un totale di«270 milioni di euro di risorse finanziarie liberate per il conseguimento di altre finalità di pubblica utilità».
Mariolina Sesto – Il Sole 24 Ore – 4 agosto 2016