Esistono garanzie che il commercio di carne di cane, florido soprattutto in Thailandia, non raggiunga l’Europa? La massiccia movimentazione dei randagi che da diversi paesi confluiscono verso ipotetiche adozioni nel nord del Vecchio Continente ha a che vedere con questo mercato?
Una nuova interrogazione (l’ultima in merito alle movimentazioni oscure di cani e gatti risale al 2011) appena presentata alla Commissione Europea dall’europarlamentare Cristiana Muscardini, vicepresidente della Commissione commercio internazionale e pure dell’Intergruppo animali al Parlamento Europeo, solleva pesanti dubbi. Nel rapporto si ricorda anzitutto l’allarme per il rischio di malattie quali rabbia e colera che potrebbero derivare da partite di carne di cane, al centro di un notevole business non di rado clandestino in diversi paesi asiatici. In Thailandia, ad esempio, il consumo alimentare del cane è permesso, ma in teoria se ne vieta il commercio all’ingrosso. La forte richiesta e, si teme, l’eventualità di vendere la carne anche in Occidente spacciandola come proveniente da altre specie, motivano un importante circuito malavitoso: “Va stroncato il traffico illegale all’origine del fenomeno criminoso. Varie organizzazioni e fondazioni si stanno strutturando per combattere il commercio clandestino di questa carne, che è gestito dalla criminalità organizzata”. E ancora, ai garanti UE: “Si è al corrente del traffico, in regola con le procedure previste, di tanti cani partiti dall’Italia per la Germania, spariti poi, a seguito di inchieste rimaste senza risultati, sullo sfondo di loschi movimenti di denaro? ‘Cane mangia cane’ titolano alcuni magazine: anche l’ipotesi di cannibalismo fra gli stessi animali fa intravedere il pericolo di malattie”.
In agosto a Hanoi avrà luogo un vertice indetto dall’Apca-Alleanza per la protezione dei cani in Asia. I rappresentanti dei governi continentali e extracontinentali sono invitati a discutere del fenomeno e a intervenire con decisione. Intanto che in USA e Gran Bretagna si moltiplicano gli appelli affinché si fronteggi il rischio di morbi pericolosi anche per l’uomo, chiedendo alle nazioni asiatiche interessate l’impegno a debellare entro il 2012 ogni focolaio di rabbia.
Il 16 settembre si discuterà poi, al PE, una petizione popolare presentata dalla stessa Muscardini assieme a Giorgio Sicignano, presidente dell’Uai- unione antivivisezionista italiana e sostenuta da 35.000 cittadini. Si richiede di porre fine alle inutili crudeltà cui vengono sottoposti milioni di animali, dai test di laboratorio alla zooerastia su cui viene posto particolare accento: “In alcuni Stati è scandalosamente permessa, tanto che, stando alle cronache della stampa, essa è tollerata e addirittura organizzata in luoghi appositi. I Paesi Bassi si sono distinti e hanno proibito questo genere di attività che generalmente investe cani, mucche, pecore, cavalli, maiali. Depravazione e perversione esercitate nei loro confronti non possono essere avallate dalle pubbliche autorità. Le varie direttive dell’UE per la protezione degli animali condannano ogni tipo di violenza usata nei loro confronti e questa pratica innominabile è una violenza certa. I gestori di simili luoghi di violenza, così come coloro che forniscono gli animali per tali pratiche, devono essere perseguiti e la loro attività deve essere interdetta”.
Oltre ai mostruosi allevamenti asiatici di cani e gatti, si teme che la materia prima provenga anche dai randagi occidentali, trasbordati da un paese all’altro in misura sempre più consistente e con scarsissima tracciabilità.
“Da tempo alcuni parlamentari europei, oltre a me, hanno espresso preoccupazione per il frequente transito di cani abbandonati, provenienti da alcuni paesi dell’Unione come Spagna e Italia, verso la Germania. Ufficialmente si tratta di adozioni, ma nessuno controlla cosa effettivamente ne avvenga. Risulta un po’ strano che tanti vogliano accogliere meticci di altri paesi” dice Cristiana Muscardini. “Certo e’ che l’uso barbaro di mangiare i cani non sembra circoscritto alla sola Cina e zone limitrofe. Questi animali, come pure i gatti, anche da noi sono fortemente utilizzati per sperimentazione e vivisezione. Spesso i cani, specie di taglia medio grande, sono impiegati nel trasporto della droga e in Italia è ancora aperta la piaga dei combattimenti. Si può presumere che le carcasse degli animali utilizzati per la sperimentazione e per il trasporto di droga possano anch’esse finire nei mangimi, mentre le loro pelli alimentano un’altra industria. Si rendono più che mai necessari, quindi, controlli ben più accurati alle frontiere e una normativa comunitaria che renda inequivocabile l’effettivo destino di animali adottati da Paesi diversi rispetto al luogo d’origine”.
Impegnata a favore dei diritti delle altre specie, l’europarlamentare ha trascorsi animalisti sul campo: “La tratta di cani e gatti va avanti da lunga data, io stessa partecipai a un appostamento notturno per bloccare un carico di gatti. Sia chiaro, ritengo necessario facilitare al massimo, dalle frontiere, il transito di animali con i rispettivi proprietari, ma al contempo va impedito il transito di animali di cui non sia verificabile, nel tempo,la destinazione”.
Com’è possibile che di fronte a reiterate segnalazioni, denunce, proteste, ancora non si sia provveduto in tal senso?
“Questo tema non è preso in seria considerazione sia per mancanza di autentica sensibilità, sia perché esistono, dietro il traffico, ovvi interessi economici” spiega la Muscardini. “D’altronde, se l’Europa non e’ stata finora in grado di risolvere le questioni dello jughendamnt, istituto tedesco che in caso di separazione delle coppie binazionali impone che i figli siano allevati in Germania , è arduo immaginarla in grado di chiedere allo stesso Paese dove finiscano i cani stranieri portati sul suo territorio. Noi comunque insistiamo e sarebbe preziosa una maggiore sinergia fra parlamentari europei e cittadini su questi temi. Magari sulla Commissione europea piovessero lettere in cui si chieda ragione dell’indifferenza e del silenzio verso tutte le domande e denunce presentate in tanti anni”.
Repubblica – 18 luglio 2013