Annamaria Capparelli. Una sforbiciata alla burocrazia della Politica agricola comune, strategia europea per il cibo, contenziosi con l’Italia, ma anche le prospettive di un’intesa commerciale con gli Usa e i rischi dell’incognita greca. I temi sul tappeto sono tanti e delicati. Phil Hogan, 55 anni, politico irlandese commissario europeo per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale nella Commissione Juncker da novembre 2014, nonostante le difficoltà continua a mantenere una visione ottimistica sul futuro dell’agroalimentare europeo.
Il Sole 24 Ore lo ha incontrato durante la sua visita a Roma, un’occasione di confronto con le organizzazioni agricole e i parlamentari.
L’ultima riforma della politica agricola comune non ha centrato l’obiettivo della semplificazione. Nel 2016 la Commissione riprenderà in mano il dossier?
Gli obiettivi della nuova Pac sono tanti, tutela dei redditi degli agricoltori, misure ambientali per il bene pubblico, garanzie dell’approvvigionamento del cibo, ma anche creazione di nuovi posti di lavoro nelle aree rurali. Una politica inevitabilmente complessa. Commissione e Parlamento Ue hanno discusso 8mila proposte di emendamenti. Ora affronteremo la semplificazione delle misure per ottenere i maggiori benefici.
Impegni precisi?
Intanto la riduzione del numero delle regole per il food ,da 200 a 50 e la revisione del greening. È in programma un focus ecologico, perché vogliamo capire se si stanno raggiungendo gli obiettivi ambientali. Il processo di semplificazione è una opportunità per verificare i progressi dell’attuazione della Pac. Nel 2016 ci saranno ulteriori emendamenti che faranno parte della revisione prevista per il 2017.
Anche lo Sviluppo rurale, secondo pilastro della Politica agricola è in affanno.
Il programma di sviluppo rurale, con 20 miliardi di spesa pubblica per l’Italia, è frutto di un accordo quadro con la Commissione del 2014. Sei piani delle regioni italiane sono stati già approvati, e l’iter per tutti si dovrebbe concludere a settembre. L’Italia ha concentrato i piani su un numero limitato di priorità, ma si tratta comunque di un sistema oneroso e complesso. La Commissione ha dato massima flessibilità per offrire sostegni ai produttori delle aree rurali.
Mandato in pensione il regime delle quote, il latte europeo non riesce a trovare un equilibrio economico. Sono allo studio nuove misure?
Il problema è legato alla legge dell’offerta del mercato del latte europeo che nel 2014 ha registrato un aumento produttivo del 5%, con un inevitabile impatto sul prezzo. L’embargo russo e la lentezza dell’apertura della Cina ai prodotti in polvere hanno aggravato la situazione. Il prezzo medio europeo è di 31,3 centesimi e nel breve periodo la volatilità resta. Ci sono però segnali di stabilizzazione per latte in polvere e formaggi. Continueremo a monitorare il mercato con un osservatorio rafforzato, ma la situazione resterà critica fino a quando non si registrerà una reale apertura dei mercati dell’estremo Oriente.
Sempre in tema di latte non si può ignorare la querelle tra la Commissione e Italia sull’uso del latte in polvere per i formaggi.
Intanto vorrei chiarire che da parte della Commissione non c’è stato alcun diktat alle autorità italiane. Il commissario ha registrato le lamentele di alcuni operatori dell’industria lattiero casearia italiana che hanno denunciato la discriminazione operata dalla legge italiana che vieta l’uso di alcuni prodotti per i formaggi. Una questione che esclude tutti i formaggi protetti, compresa la mozzarella. La Commissione vuole dunque concludere l’indagine e ha scritto il 28 maggio scorso al ministero delle Politiche agricole, ma fino a ora non abbiamo ancora ricevuto una risposta.
Lei ha citato l’embargo russo, un’altra spina per l’agroalimentare. Saranno confermati gli indennizzi ai produttori?
Siamo pronti a esaminare le misure di sostegno necessarie per compensare i produttori, in particolare di ortofrutta cercando soprattutto di localizzare mercati alternativi. L’export si è ridotto del 34%, ma l’industria italiana ha recuperato con un incremento del 9% in altri paesi. È una grande sfida per l’agroalimentare europeo cercare mercati alternativi e per questo la Commissione implementerà il budget per la promozione.
Il negoziato commerciale Usa-Ue (Ttip) è avviato sul binario giusto?
La Commissione Ue è favorevole a un accordo generale e ho apprezzato molto l’intervento del presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, nel sostenere l’importanza di un buon accordo. Perseguiamo un’intesa equilibrata che consentirà a Usa e Ue l’opportunità di operare su un mercato di 800 milioni di persone. Due i principi da rispettare: standard alimentari e indicazioni geografiche. Certo la finestra è stretta e dobbiamo fare notevoli progressi nel prossimo round di luglio se vogliamo raggiungere l’accordo a fine anno. Ma sono ottimista sul risultato.
Inevitabile un accenno alla vicenda della Grecia
Non posso nascondere la grande delusione nel vedere il governo greco che non è riuscito a trovare un accordo con i creditori per redigere un piano d’azione e rispettare le scadenze dei pagamenti. La Commissione è stata più che disponibile a venire incontro al governo greco senza mettere a repentaglio la stabilità dell’euro e mettendo sul tavolo un pacchetto di investimenti . Spero che all’undicesima ora il governo possa cambiare idea con proposte credibili per l’eurogruppo che possano garantire stabilità.
Lei ha visitato l’Expo, ci sono le condizioni per porre le basi per una vera politica europea del cibo?
È un bell’evento per definire politiche di lungo termine, per garantire cibo e offrire una visione molto importante su quello che devono fare i governi. È anche un’opportunità per far acquisire alle popolazioni urbane consapevolezza sull’importanza e la qualità del cibo. Il nostro obiettivo è di ridurre gli oneri amministrativi e dare corrette informazioni ai consumatori con un sistema di etichettatura efficace, un diritto per chi paga cifre elevate per prodotti di qualità.
Il Sole 24 Ore – 3 luglio 2015