Il congedo parentale a ore non può essere cumulato con altri permessi o riposi previsti dal Testo unico sulla maternità/paternità (Dlgs 151/2001), come i riposi orari per allattamento, anche se richiesti per bambini diversi. Può essere invece fruito insieme con i permessi disciplinati dalla legge 104/1992 per l’assistenza a persone disabili. È uno dei chiarimenti forniti recentemente dall’Inps con il messaggio 6704/2015 sul congedo parentale a ore, reso pienamente operativo dal decreto legislativo 80/2015, di attuazione del Jobs act. Il messaggio Inps ha chiarito alcuni aspetti della gestione di questa particolare declinazione del congedo parentale previsto dall’articolo 32 del Dlgs 151/2001, in concomitanza con la fruizione degli altri permessi o riposi di legge. Il congedo parentale è il “permesso” che spetta a ciascun genitore lavoratore, nei primi 12 anni di vita del bambino, fino a un periodo massimo di sei mesi di astensione dal lavoro (continuativo o frazionato).
L’astensione complessiva di entrambi i genitori non può comunque eccedere i dieci mesi, salvo il caso in cui il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi: in questa ipotesi il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato a 11 mesi.
La possibilità di fruire del congedo anche a ore – prima dell’intervento operato dal Dlgs 80/2015 – era stata raccolta solo da qualche contratto collettivo nazionale, e da alcuni contratti collettivi di secondo livello.
Era stata, infatti, la legge 228/2012 a introdurre questo istituto, in seguito al recepimento della direttiva 2010/18/Ue, fissando come presupposto applicativo la regolamentazione della materia da parte dagli accordi collettivi. Su questo punto, il ministero del Lavoro (interpello 25/2013) aveva chiarito come non ci fossero riserve di competenza tra i diversi livelli della contrattazione, per la gestione delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria.
Questa linea è stata recepita appieno dalla nuova formulazione dell’articolo 32, del Dlgs 151/2001: ora, però, il legislatore ha fatto ancora un passo avanti, poiché, in assenza di intese ad hoc, questa tipologia di congedo sarà fruibile secondo le regole di legge. Nella pratica, in caso di mancata disciplina da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore può scegliere in modo indifferente tra il godimento giornaliero e quello su base oraria.
La norma precisa anche che la frizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel quale ha inizio il congedo parentale.
Preavviso di due giorni
L’unico onere del lavoratore, a parte quello di presentare la domanda all’Inps, è quello di dare un preavviso al datore di lavoro di almeno due giorni.
In questo ambito, è comunque auspicabile che le parti raggiungano intese collettive, per definire nel dettaglio i meccanismi di godimento del congedo in modalità oraria: queste ultime potranno stabilire regole differenti rispetto alla disciplina legale così come i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa.
Sulla cumulabilità con altri riposi o permessi, la contrattazione collettiva può disporre regole diverse da quelle generali. Il nuovo Ccnl degli studi professionali, ad esempio, prevede la possibilità di cumulo del congedo parentale in modalità oraria con i permessi disciplinati dalla legge.
La gestione. Fuori dal calcolo dell’indennità premi e tredicesima
La domanda di congedo parentale, sia fruito in modalità giornaliera, sia in modalità oraria, deve essere presentata dal lavoratore all’Inps prima dell’inizio del congedo, o lo stesso giorno di inizio della fruizione: su questa regola non incidono i termini di preavviso per la richiesta da formulare al datore di lavoro (articolo 32, comma 3, del Dlgs 151/2001).
Infatti, a eccezione dei casi di oggettiva impossibilità, il genitore è tenuto a dare un preavviso al datore di lavoro di almeno cinque giorni, in caso di richiesta di congedo parentale mensile o giornaliero e non inferiore a due giorni in caso di congedo orario. Altrimenti, valgono le modalità dettate dai contratti collettivi.
Ma veniamo alle regole che deve seguire il datore di lavoro, quando riceve la domanda di congedo a ore: in particolare, deve tenere conto dei nuovi criteri di fruizione, di computo e di indennizzo dettati dalla circolare Inps 152/2015.
Rispetto alle prassi già in uso (congedo a giorni o a mesi), l’introduzione della modalità oraria non modifica la durata del congedo parentale e, pertanto, rimangono invariati i limiti complessivi e individuali entro i quali i genitori lavoratori dipendenti possono assentarsi dal lavoro a questo titolo.
L’Inps ha precisato che, siccome i richiedenti possono beneficiare del congedo parentale nelle diverse modalità giornaliera, mensile o oraria, le giornate o mesi di congedo parentale possono alternarsi con giornate lavorative in cui il congedo è fruito a ore, sempre nel rispetto dei limiti eventualmente stabiliti dalla contrattazione collettiva.
Il datore di lavoro, pertanto, deve considerare che, se la richiesta del periodo di congedo parentale avviene su base oraria – in presenza, quindi, nella stessa giornata, sia di assenza oraria a titolo di congedo che di svolgimento di attività lavorativa – le domeniche ed eventualmente i sabati, in caso di settimana corta, non sono da considerare né ai fini del computo né ai fini dell’indennizzo.
Per il computo del congedo su base oraria, la contrattazione dovrebbe prevedere l’equiparazione di un monte ore alla singola giornata lavorativa: in assenza di tale previsione, il giorno di congedo si determina prendendo a riferimento l’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel quale ha inizio il permesso. In questo caso, il congedo orario è fruibile in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero.
L’introduzione della nuova modalità di fruizione non ha modificato le regole di indennizzo: il calcolo va effettuato su base giornaliera anche nel caso in cui la fruizione avvenga in modalità oraria. Il datore di lavoro, quindi, per conteggiare l’indennità a carico Inps deve prendere come riferimento la retribuzione media giornaliera del periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto e immediatamente precedente a quello nel quale ha avuto inizio il congedo parentale.
Nella base retributiva non va computato il rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati al genitore richiedente.
Nel flusso delle denunce Uniemens il datore deve dare evidenza all’utilizzo da parte del lavoratore del congedo parentale in modalità oraria, con le codifiche indicate nella circolare Inps 152/2015.
Pagina a cura di Ornella Lacqua Alessandro Rota Porta – Il Sole 24 Ore – 8 dicembre 2015