Maschi, medici e a fine camera. Questo è il dato più evidente che emerge dalla fotografia dei curriculum dei direttori generali di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana. Sono i risultati che emergono dal Rapporto Oasi 2013, che verrà presentato in Bocconi il 20 gennaio 2014. La ricerca ha analizzato i Cv dei Dg presenti sui siti internet delle aziende sanitarie con l’obiettivo di fornire una rappresentazione della classe dirigente del Ssn in termini di età, sesso, titolo di studi, percorso professionale ed esperienza manageriale. L’indagine si colloca all’interno di un disegno di ricerca più ampio che vuole misurare la qualità del management della sanità italiana e il suo contributo alla performance delle aziende. Sono stati recuperati i curriculum accessibili sui sti istituzionali delle aziende sanitarie. Guarda le tabelle
E sebbene sia evidente che i Cv sono un documento troppo sintetico per rappresentare le qualità professionali, soprattutto quando si tratta di caratteristiche multiformi e poco oggettivabili come quelle manageriali, è anche chiaro che essi rappresentano un elemento informativo ampiamente usato per valutare, almeno in una logica di screening, i candidati per molte posizioni nelle Amministrazioni pubbliche italiane, anche a livello apicale.
Sono stati recuperati i curriculum dei Dg accessibili su internet: 36 Dg di aziende della Lombardia, pari al 73% del totale regionale, 16 del Veneto (il 62% del totale regionale), 16 dell’Emilia Romagna (pari all’84% del totale regionale) e 15 della Toscana (94%) per un totale di 83 curriculum. Di questi, circa un terzo è stato scaricato da siti internet di aziende in cui i Dg avevano lavorato precedentemente.
Un primo dato da rilevare è quindi il numero non indifferente di aziende che non riportano il curriculum del Dg sul sito, o quantomeno lo rendono difficilmente accessibile. Il primo dato che si evidenzia è la netta prevalenza di uomini, che rappresentano oltre l’85% del campione. Interessante è poi la fotografia relativa agli studi universitari dei Dg, da cui emerge come quasi il 70% del campione analizzato abbia conseguito una laurea in medicina e chirurgia. Di seguito vengono i laureati in giurisprudenza (13%), scienze politiche (4%), lettere e filosofia (4%) e sociologia (2%). In fondo alla classifica gli ingegneri e i laureati in economia (2% ciascuno).
Con riferimento all’analisi del tipo di esperienza professionale precedente alla nomina, i percorsi di camera dei Dg sono stati ricondotti nell’ambito di cinque aree: percorso igienico/organizzativo (esperienza in direzioni sanitarie, di presidio o di distretto), percorso clinico, percorso amministrativo (uffici quali gli affari generali, la gestione del personale, il protocollo ecc.), percorso gestionale (unità quali la programmazione e controllo, o ruoli in imprese nell’ambito di finanza, strategia, vendite), percorso tecnico (a es. ingegneria clinica, sistemi informativi). Emerge una decisa prevalenza del percorso igienico-organizzativo (43%), coerente con la percentuale di coloro che hanno una specializzazione in igiene e prevenzione, seguito al secondo posto dal percorso clinico (19%). Al terzo posto vi sono i Dg che hanno seguito un percorso amministrativo (17%), seguiti da un 14% che ha un background di natura gestionale, da un 4% con carriere in organi di rappresentanza politici e da un residuale 2% con camere di natura tecnica.
Guardando al dettaglio delle quattro Regioni, si evince in termini comparativi una presenza rilevante di medici di direzione sanitaria in Toscana, di clinici e di politici in Lombardia e di amministrativi in Veneto.
Dall’analisi dei dati emerge inoltre che una quota estremamente ridotta di Dg ha maturato esperienze gestionali apicali nel settore privato, sia sanitario (5 su 83) che non sanitario (4 su 83). Da ultimo, si nota che una quota ridotta dei Dg con background amministrativo o gestionale (rispettivamente il 20 e 21%) sono a capo di una Ao o Irccs, in quanto prevalentemente in servizio presso le Asl.
Venendo all’analisi dell’età anagrafica, si riscontra un’età media complessiva di poco più di 59 anni. In Veneto l’età media dei Dg è inferiore alla media (57,9 anni), mentre in Emilia Romagna i Dg sono stati nominati giovani e sono rimasti nel ruolo per un numero medio di anni relativamente elevato (8,1). Inoltre gli uomini sono in media più anziani delle donne di circa due anni, i Dg che provengono da un percorso clinico sono stati nominati mediamente tre anni più tardi dei loro colleghi igienisti e i Dg con un percorso gestionale sono invece quelli di età inferiore.
È stata poi analizzata l’esperienza di direzione aziendale accumulata dai Dg, evidenziando la somma degli anni di esperienza come Ds, Da o come top manager di altri enti pubblici o imprese private, e degli anni come Dg. In tre Regioni i Dg attualmente in carica hanno maturato una media di anni di direzione superiore a 11, unica eccezione è il Veneto, che presenta un dato di poco superiore a 7.
Guardando invece alla percentuale di Dg con esperienze di top management fuori azienda si evidenzia come quasi i due terzi dei Dg emiliano-romagnoli abbiano esperienze in altre aziende, mentre le altre Regioni e in particolare il Veneto, si attestano su valori inferiori.
Da ultimo, si segnala che meno del 50% dei Dg riporta sul curriculum il dato relativo alla conoscenza dell’inglese, e nessuno di essi segnala un’esperienza professionale significativa all’estero nel corso della propria camera.
Dai dati disponibili è possibile sviluppare alcune riflessioni manageriali e implicazioni in termini di policy. Emerge innanzitutto che il ruolo di Dg è occupato prevalentemente da uomini senior, in coerenza con quanto succede nel resto del Paese in molti settori economici. C’è poco spazio per le donne e quasi nessuno per giovani quarantenni. Questo ci segnala che il ruolo di Dg è considerato un riconoscimento di fine carriera più che una professione che si sviluppa ed esercita nel tempo. Peraltro, la nomina in età matura e l’esercizio del ruolo di Dg durante la parte finale della carriera, a cui segue il ritiro totale o parziale dalla professione, riduce la possibilità di rilevanti processi di mobilità tra settori, tra Regioni, dentro e fuori il Ssn. Se sono avvenuti, sono tutti precedenti alla nomina di Dg.
Pertanto pochissimi direttori hanno lavorato in più Regioni (con l’eccezione degli emiliano-romagnoli). La scarsa mobilità interregionale è un’evidenza preoccupante perché segnala l’assenza di un corpo professionale nazionale, di meccanismi di contaminazione culturale interregionale e di supporto alle Regioni con minori competenze e soprattutto la presenza di tanti mercati locali e non di un più ampio mercato nazionale.
È più probabile che in piccoli mercati locali prevalgano logiche di selezione e sviluppo professionali più politiche rispetto a quanto può accadere in un mercato nazionale dove, pur agendo il principio dello spoils system, con più probabilità si ricercherebbero i “tecnici d’area” con le migliori competenze e il percorso professionale più convincente.
Il Dg è un medico nel 70% dei casi, con una netta prevalenza di chi ha maturato un percorso igienico-organizzativo. Le provenienze gestionali sono residuali (solo il 14% viene da un percorso nell’ambito di strutture gestionali e meno del 5% è laureato in economia o ingegneria) anche nelle Regioni del nostro campione, che sono probabilmente le più avanzate del Paese dal punto di vista dello sviluppo delle loro tecnostrutture.
Questa evidenza ci segnala che non vi è stata l’ideazione di un percorso di formazione e selezione di professionisti della gestione pensato ad hoc, ma come ci si sia invece rivolti al personale esistente, cercando di adattare le traiettorie di sviluppo professionale già disponibili.
Colpiscono infine le rilevanti differenze interregionali. Si osservano tre caratterizzazioni distinte: quella più tecnico-professionale in Toscana (prevalenza di igienisti), quella più gestionale in Veneto ed Emilia Romagna (amministrativi e background manageriali), quella più politica in Lombardia (politici o professionisti vicini alla politica). Sono tre posizionamenti legittimi e plausibili che però caratterizzano in modo diverso le competenze dei Dg e quindi prefigurano l’esercizio del ruolo in maniera distinta. Sarebbe interessante aprire un dibattito su quale profilo, o mix di profili, sia più appropriato per il Ssn e soprattutto su quali spazi di autonomia e differenziazione regionale siano opportuni.
Il Sole 24 Ore sanità – 16 gennaio 2014