Il dipendente onesto che si oppone ai comportamenti illegittimi dei colleghi deve essere difeso e tutelato dal datore, pena la responsabilità civilistica per i danni riportati dal lavoratore emarginato.
Con la sentenza 23772/13 – depositata ieri – la Sezione Lavoro della Cassazione ha reso definitiva l’affermazione di responsabilità dell’agenzia Equitalia Polis di Teramo per la prassi delle false notifiche di irreperibilità a ignari contribuenti, costata a un impiegato – estraneo all’accordo – un lungo periodo di isolamento e di pressioni psicologiche, all’origine di un asserito danno biologico e morale.
La vicenda del messo notificatore onesto era emersa dopo la citazione a giudizio dell’ufficio di Teramo di Equitalia Polis per la mancata tutela della «integrità fisica e personalità morale» del dipendente (articolo 2087 del Codice civile), divenuto bersaglio dell’ostilità dei colleghi. Colleghi che avevano escogitato, stando alle risultanze del processo, un sistema piuttosto efficace per sbrigare le notifiche e incassare le relative indennità: si limitavano ad attestare falsamente di essersi recati al domicilio del debitore e di non averlo trovato.
I problemi per il messo onesto erano sorti immediatamente al suo rifiuto di liquidare in modo altrettanto “celere” le pratiche, problemi culminati addirittura in sanzioni disciplinari. Nonostante ciò il tribunale di Teramo aveva respinto la domanda di risarcimento, accolta solo in appello dalla Corte dell’Aquila. Equitalia Polis nel ricorso affermava una «sostanziale impossibilità di mutare la procedura di riscossione instaurata in azienda», che secondo questo punto di vista addirittura non era forse neppure illegittima.
Ma per i giudici l’agenzia non aveva fatto nulla per evitare che all’interno dei luoghi di lavoro si realizzassero comportamenti censurabili, e inoltre in quel contesto la reazione del dipendente estraneo ai maneggi era da considerare semmai assolutamente «doverosa». In aggiunta alla falsità che si pretendeva dai messi, oltremodo «grave» era il comportamento del datore di lavoro, che così facendo avallava l’incasso, da parte dei dipendenti, di un lucro illegittimo perché relativo ad attività mai svolta.
L’aver lasciato il messo onesto in balìa dei colleghi “ostili”, secondo la Cassazione, è un classico esempio di come la società (Equitalia Polis) abbia «omesso di adottare precauzioni al fine di evitare o ridurre lo stato di disagio, le manifestazioni di ostilità e l’isolamento del lavoratore determinato dal fatto che aveva manifestato il suo dissenso alla prassi aziendale, del tutto illegittima».
L’azienda avrebbe potuto trarsi d’impaccio solo dimostrando, in primo luogo, di «aver fatto tutto il possibile per impedire diffusi e ripetuti comportamenti illegittimi da parte dei suoi dipendenti» e, inoltre, di aver adeguatamente tutelato chi a tali condotte intendeva opporsi. Perché la responsabilità del datore – chiosa la Cassazione – si estende anche alla salvaguardia della salute psichica del dipendente e non è limitata solo alla sfera della integrità fisica». La sentenza dell’Aquila dovrà essere rivista però sotto l’aspetto della liquidazione del danno: «L’accertata illegittimità del comportamento del datore non necessariamente è fonte del danno alla salute lamentato dal lavoratore».
Il Sole 24 Ore – 22 ottobre 2013