La soppressione del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, non è ancora legge. La riforma costituzionale che la contiene, quella che disegna il nuovo Senato non elettivo e tanto ha fatto discutere, deve ancora superare l’ultimo esame alla Camera e, soprattutto, il referendum di ottobre. Ma ci si porta avanti.
Nei prossimi giorni 20 dipendenti del Cnel saranno trasferiti alla Corte dei conti. Otto sono volontari, gli altri dodici saranno spostati d’ufficio. Di fatto è il primo, piccolo anticipo della riforma costituzionale, che prevede il trasferimento proprio alla Corte dei conti di tutti i 65 dipendenti al momento in carico al Cnel. Ma come è possibile uno spostamento del genere prima che sia approvata la legge che lo stabilisce? Cnel e Consiglio di Stato stanno per firmare un «accordo di avvalimento», in sostanza un patto fra amministrazioni per il prestito temporaneo di alcuni dipendenti. Un po’ come per i calciatori. Lo stipendio dei 20 trasferiti resterà lo stesso e continuerà a pesare sul bilancio del Cnel. Non si risparmierebbe un euro. L’obiettivo, piuttosto, è rendere più utile chi oggi lavora in un ufficio con il motore gira al minimo. Il Cnel è paralizzato da mesi, senza risorse, buona parte dei consiglieri si sono dimessi. Mentre la Corte dei conti, come molti uffici pubblici, lamenta qualche carenza di organico. Il «prestito» ha già avuto il parere positivo dell’Avvocatura dello Stato e ora attende il via libera del ministero della Pubblica amministrazione. Poi i trasferimenti dovrebbero avvenire in tre tranche: 20 subito, altri 20 all’inizio dell’estate, gli ultimi a settembre. Il prestito non avrebbe una scadenza fissa ma durerebbe «fino al termine delle esigenze». Una formula che consentirebbe di scavallare il mese di ottobre, il referendum e la possibile entrata in vigore della legge. Che cosa succederà, però, se al referendum dovessero vincere i no? Tutti i dipendenti in prestito dovrebbero tornare alla casa madre, lo stesso Cnel riprenderebbe a lavorare a pieno regime. Ma questa, in caso di vittoria del no, sarebbe la notizia minore.
Lorenzo Salvia – 28 febbraio 2016