«Sono d’accordo con Mario Draghi quando dice che l’Italia ha bisogno di fare riforme, ma il modo, il come, lo deciderò io, né la Troika, né la Banca centrale europea e nemmeno l’Unione europea. E vuole sapere per quale motivo? Le riforme le farò io perché l’Italia non ha bisogno di qualcun altro che ci spieghi come farle». L’intervista originale sul Ft
Più chiaro, più duro, non poteva essere. È una sorta di argine alle riflessioni di Mario Draghi di qualche giorno fa, quel consiglio agli Stati europei di cedere spazi di sovranità, almeno a quelli che sono indietro nel fare le riforme strutturali di cui hanno bisogno. Ma è anche una risposta alla testata cui ha rilasciato l’intervista, il giorno dopo i dati negativi del Pil, dopo che l’autorevole Financial Times aveva scritto che «la luna di miele» fra Renzi e gli italiani, «con il ritorno alla recessione», poteva considerarsi finita.
Ieri di quell’intervista, concessa a tamburo battente nel suo studio di Palazzo Chigi, sono usciti i primi estratti. Se appena qualche giorno fa, in un’intervista a La7 , il presidente del Consiglio era stato diplomatico sul punto della sovranità, affermando prima che se ne sarebbe discusso in sede di Consiglio europeo, nei prossimi vertici, poi, ma in modo molto pacato, e soprattutto stringato e ufficioso, che «non era d’accordo», ora invece la reazione è on the record e molto netta. E parla di temi, dalle riforme all’economia, che saranno certamente oggetto dell’incontro che lo stesso premier potrebbe avere oggi o domani con il Presidente della Repubblica appena tornato dalle vacanze. Prima di recarsi mercoledì in visita ai cantieri dell’Expo.
In sintesi: nessuno si permetta di pensare che l’Italia possa avere bisogno di qualcuno che le detti l’agenda, il governo in carica sa benissimo quali riforme deve fare e il modo in cui deve approvarle e attuarle, qualsiasi parallelo con la situazione in cui si ritrovò Berlusconi, anni fa, è da respingere al mittente.
Insomma l’idea della Bce è per il governo italiano assolutamente non condivisibile, la conclusione dell’autorevole quotidiano finanziario è quantomeno affrettata, non c’è nesso fra due trimestri in negativo, per il prodotto interno, e una bocciatura politica del premier in carica. Troppa fretta.
Il tono rivendicativo, a tratti perentorio, è spiegato in questo modo. Ed è perentoria anche l’assicurazione ad un altro dubbio che il giornalista del Ft , sulla scia di tanti economisti, solleva: «Davvero l’Italia con questi dati riuscirà a stare dentro la soglia del 3%?». Renzi risponde in modo apparentemente privo di dubbi: «Non ho alcuna intenzione di sforare la regola del 3%, speriamo di avere migliori indicatori economici nella seconda metà dell’anno. Non romperemo la regola, anche se è vecchia e datata, ma è una questione di credibilità e di reputazione dell’Italia, anche se ci sarebbe da dire che per altri non è così».
Il giornalista finanziario attira Renzi anche in questioni di natura monetaria, gli chiede lumi sul futuro dell’eurozona, del cambio euro/dollaro, dei rischi di deflazione, se è preoccupato per i segnali di difficoltà che arrivano non solo dall’Italia: «Di natura non sono una persona che è portata ad avere paura, certamente sarei più felice se l’euro non fosse così forte nei confronti del dollaro e se l’inflazione fosse un po’ più alta».
Nel ventaglio di ottimismo del presidente del Consiglio rientra anche il recente investimento degli arabi di Etihad in Alitalia (l’intervista è stata realizzata il giorno della firma dell’intesa): «Sto cercando di aprire tutte le porte possibili agli investimenti esteri, vedrete che ne arriveranno altri dalla Cina, dagli Stati Uniti e dall’India». Ieri a San Rossore, alle porte di Pisa, Renzi ha così risposto ad uno scout che gli faceva una domanda su Piombino: il gruppo indiano dell’acciaio Jindal dovrebbe «chiudere nei prossimi giorni» per l’offerta di acquisto degli impianti dell’acciaieria Lucchini .
Insomma, conclude Renzi al Financial Times : «Siamo decisi a portare il Paese fuori dalla crisi e lo stiamo facendo molto in fretta». Con una battuta finale: «Nemmeno i dittatori riescono a fare più veloce!».
M. Gal. – Il Corriere della Sera – 11 agosto 2014