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Il ministro Poletti: no tax area pensioni solo a partire dal 2017 con l’ok Ue. Contratti pubblici, rivolta sindacati: solo 5 euro al mese

L’opzione donna c’è, ma senza le risorse necessarie per il 2017-2018 scatterà la clausola di salvaguardia e ci si dovrà limitare alla “perequazione Letta” delle pensioni. Confermati anche la settima salvaguardia per gli esodati, l’estensione della no-tax area per i pensionati (ma solo dal 2017), il part-time volontario per i lavoratori a pochi anni dalla pensione, gli sgravi per le assunzioni a tempo indeterminato (che si riducono da tre a due anni con una quota che scende dal 100 al 40%) e annunciato un piano contro la povertà mirato a migliorare le condizioni di vita di un milione di persone, tra le quali 550.000 bambini.

Un insieme di misure che, sottolinea il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, hanno come orizzonte «la valorizzazione degli asset del Paese, e le persone sono l’asset più importante ».

L’estensione della no tax area è accolta con soddisfazione dai sindacati dei pensionati, in parte delusi però per via del rinvio al 2017: lo Spi-Cgil in particolare suggerisce un anticipo al 2016. Poletti spiega che dipende dai margini che verranno concessi da Bruxelles. Per i pensionati over 75 anni il reddito esentasse salirà dagli attuali 7.750 euro a 8.000 euro, raggiungendo così la soglia in vigore per i lavoratori dipendenti, mentre per i pensionati con meno di 75 anni si passerà da 7.500 euro a 7.750. L’opzione donna è riservata a circa 36.000 lavoratrici con 35 anni di contributi e 58 anni e tre mesi di età: comporta il ricalcolo contributivo dell’assegno e allo Stato costa circa 2 miliardi fino al 2021. Mentre al posto della flessibilità in uscita si conferma la possibilità di un part-time tra il 40 e il 60% per i lavoratori che maturano i requisiti per la pensione da gennaio 2016 a dicembre 2018. Dal momento che oltre allo stipendio ridotto il lavoratore riceverà in busta paga la quota di contributi esentasse per le ore non lavorate, nel caso di un part-time al 50%, precisa Poletti, si «avrà un salario intorno al 65%».

Per gli esodati arriva la settima salvaguardia, che interessa fino a 32.000 lavoratori: si arriva così a un totale di 172.000, «chiudendo la partita», dice il ministro. Il piano per combattere la povertà può contare su risorse complessive che arrivano a circa un miliardo e mezzo: ci sono misure al sostegno del reddito, il rafforzamento della social card, ma anche impegni precisi a carico dei beneficiari, a cominciare da quello di mandare i figli a scuola.

Sul fronte del lavoro però per i sindacati rimane totalmente irrisolto il nodo del pubblico impiego: «I 300 milioni, che poi diventano 200 a fine serata, non sono un contratto ma una mancia», denunciano le quattro sigle confederali di categoria, Fp-Cgil, Cisl- Fp, Uil-Fpl e Uilpa, che annunciano una «mobilitazione durissima ». Altrettanto categorici gli autonomi: i Cobas definiscono l’offerta del governo «grottesca dopo 6 anni di blocco contrattuale, a fronte di una perdita di almeno il 20% di salario», mentre la Gilda degli insegnanti calcola che l’aumento sarà «di circa 7 euro lordi, cioè poco più di 4 euro netti a testa, quattro caffé in più al bar ogni mese». I sindacati chiedono con forza «un rinnovo dignitoso» del contratto nazionale del pubblico impiego.

Repubblica – 17 ottobre 2015

 

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