di Michelangelo Borrillo. Da una parte, se si confrontano i prezzi con il mese di giugno, a luglio si è registrato un piccolo incremento (+0,2%). Dall’altra, se il paragone lo si fa con 12 mesi fa, i dati dell’Istat diffusi ieri registrano ancora una diminuzione (-0,1%) dei prezzi. Inferiore a quella di giugno (-0,4%), ma pur sempre una deflazione (prezzi che scendono, appunto). E allora la sintesi degli economisti è che i prezzi continuano a scendere, ma il calo sta rallentando.
Il popolo che frequenta i supermercati, però, non sembra accorgersene. Chi è abituato a fare la spesa, giornalmente o quasi, non si rende conto di questa deflazione osteggiata dagli economisti ma che per i consumatori, in teoria, dovrebbe risultare una manna. E non se ne accorge non solo perché le abitudini di spesa di un singolo consumatore, ovviamente, possono differire anche molto da quelle della popolazione considerata nel suo complesso, come fa l’Istat. Ma anche perché il tiro alla fune tra prezzi del paniere che salgono e prezzi del paniere che scendono sembra volersi prendere beffa proprio del consumatore finale. Perché se a spingere i prezzi in giù, verso la deflazione sono soprattutto le materie prime, a frenare la deflazione, con prezzi in crescita, sono soprattutto i prodotti negli scaffali (o in via di trasformazione).
«Il carrello della spesa è più caro per gli italiani anche per effetto dell’aumento degli alimentari sugli scaffali, ma la deflazione ha effetti devastanti nelle campagne dove le quotazioni rispetto allo scorso anno sono praticamente dimezzate per il grano duro (-42%) fino al calo del 24% del latte», è l’analisi che ha fatto la Coldiretti sulla base dei dati Istat incrociati con quelli Ismea. Da un lato, infatti, l’Istat ha rilevato che i prezzi dei beni alimentari non lavorati (come carne fresca, pesce fresco, frutta e verdura fresca) sono cresciuti a luglio dell’1,5% (dal +0,7% di giugno) su base annua e, più in generale (e sempre su base annua) sono cresciuti anche i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona (+0,4%, da +0,2% di giugno). Dall’altra, invece, la Coldiretti evidenzia la sfilza di segni meno per il calo dei prezzi alla produzione di numerosi prodotti agricoli nel confronto tra luglio 2016 e luglio 2015: senza arrivare al crollo record del grano, il prezzo dell’olio extravergine di oliva è sceso del 33,7%, quello delle uova del 17,9%, quello dei tori da macello dell’11,8% e quello delle susine dell’11,5%. Se ne è accorto qualche consumatore? Probabilmente no. Alla deflazione profonda delle campagne — come la definisce Coldiretti a causa dei prezzi crollati sia per i raccolti sia per gli allevamenti che non coprono più neanche i costi di produzione o dell’alimentazione del bestiame — non segue quella degli scaffali. E la colpa è della filiera. «Oggi gli agricoltori — sono le conclusioni dell’analisi di Coldiretti — devono vendere tre litri di latte per bersi un caffè o quindici chili di grano per comprarsene uno di pane. Le coltivazioni come il latte e la carne subiscono la pressione delle distorsioni di filiera e dal flusso delle importazioni che fanno concorrenza sleale alla produzione nazionale perché vengono spacciati come made in Italy per la mancanza di indicazione chiara sull’origine in etichetta». E la “maledetta (per i consumatori) filiera” deve essere la causa — amplificata in tal caso da fattori di natura stagionale — anche del divario tra prezzi della benzina (-1,1% su base mensile, -9,4% su base annua) e del gasolio (-0,4% e -8,8%) che scendono (sebbene mai quanto il petrolio) e servizi di trasporto che aumentano: del 21,3% quello aereo (-5,4% su base annua), del 26,5% quello marittimo (+0,7% su base annua) e dell’1,7% quello ferroviario (+4% su base annua). Tanto per non penalizzare solo i consumatori ma anche i vacanzieri.
- Corriere della Sera – 12 agosto 2016