I risultati sono di quelli destinati a far sobbalzare chiunque in un normale giovedì di novembre. Come è possibile ci si chiede (giustamente) che un lavoratore dipendente guadagni, o meglio dichiari al fisco, tanto quanto il suo datore di lavoro, ovvero «miseri» 20 mila euro l’anno?
Infatti secondo l’ultima analisi diffusa dal dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia nel 2012, gli italiani con reddito da lavoro dipendente prevalente hanno dichiarato 20.680 euro, mentre i soggetti con reddito d’impresa prevalente si sono fermati a un valore medio di 20.469 euro. Se fosse proprio così saremmo di fronte a una mostruosità, a una clamorosa differenza di trattamento per di più certificata dal fatto che i dati questa volta sono di fonte Mef (dipartimento delle Finanze) e quindi dovremmo considerarli a prova di bomba.
Ma messi da parte lo sconcerto e l’indignazione del primo momento proviamo a capirne di più e a sottolineare i limiti di un’operazione di comunicazione che suona maldestra.
L’evasione è una piaga talmente profonda che leggere i dati più aggiornati sui maggiori contribuenti in Italia restituisce sempre l’immagine di un Paese di fantasia. Nel 2012, l’83% dei 41,3 milioni di cittadini che hanno pagato l’Irpef, l’imposta sul reddito delle persone, è costituito da lavoratori dipendenti o pensionati. Come se fossero le categorie più ricche del Paese. Di certo, senza questi lavoratori che pagano implacabilmente le imposte alla fonte, il sistema delle entrate crollerebbe, e con esso il Paese. Nella media, infatti, le buste paga dei dipendenti sono da 20.680 euro all’anno, contro i 20.469 euro degli imprenditori. Questi ultimi, semplificando, secondo i dati del ministero dell’Economia, guadagnerebbero meno dei loro impiegati.
In particolare, mentre quasi la metà, 20,1 milioni, sono dipendenti (il 49%, per la precisione), oltre un terzo, circa 14 milioni (il 34%) sono i pensionati. Soltanto il 5% dei contribuenti dichiara di percepire un reddito prevalente da impresa o da lavoro autonomo, appena 2,1 milioni di persone.
«Non trascurabile», nota il dipartimento delle Finanze di via XX Settembre, è la percentuale di coloro che dichiarano prevalentemente reddito da fabbricati (5%, pari a oltre 2 milioni) e reddito da partecipazione (più del 3%, pari a 1,4 milioni): in quest’ultimo caso si tratta prevalentemente di soci di società di persone.
Entrando nei dettagli, si nota come quasi la metà dei dipendenti operi ormai nel settore dei servizi (il 46%, di cui il 26% lavora nel settore del “commercio, trasporti, comunicazioni”, il 20% in quello delle “attività professionali, finanziarie ed altri servizi”), un quarto circa nella pubblica amministrazione (il 23%) e un quinto soltanto (il 20%) nell’industria.
Rispetto alla media degli stipendi italiani, i dipendenti dell’industria e gli statali figurano come dei nababbi: si mettono in tasca rispettivamente 24.048 e 23.169 euro all’anno, guadagnando il 16% e il 12% in più rispetto alla busta paga media.
I pensionati, invece, percepiscono mediamente un assegno da 15.790 euro all’anno. Il ministero fa sapere, poi, che il 40% circa detiene solo il reddito previdenziale, ma «rilevante» è la percentuale di casi di compresenza con redditi da terreni e fabbricati (il 53%).
Osservando in dettaglio le cifre che riguardano «i soggetti con reddito d’impresa prevalente» si evince che dichiarano 20.469 euro, che il 3,7% fa anche un lavoro dipendente e che chi dichiara oltre 100mila euro lavora soprattutto nel settore farmaceutico o finanziario. Tra chi fa soprattutto un lavoro autonomo, al ministero risultano circa 570mila soggetti con questa caratteristica. Mentre i contribuenti con reddito da partecipazione sono circa 1,4 milioni, prevalentemente nel settore del “commercio, trasporti e comunicazioni”.
Dall’Agenzia delle Entrate è arrivata anche una buona notizia, ieri: restituirà complessivamente 75 milioni di euro ai disoccupati. Coloro, cioè, che con la dichiarazione dei redditi 730, pur avendo perso il lavoro, avevano richiesto un rimborso fiscale. È una novità assoluta, non solo per i tempi brevi – verranno saldati anche rimborsi richiesti fino a settembre scorso – ma perché per la prima volta è stato concesso di presentare la dichiarazione dei redditi 730 anche a chi ha perso il lavoro e quindi non ha più chi può garantirgli conguagli sulle trattenute.
Dipendenti, reddito a 20.680 euro. Per i piccoli imprenditori la media annua è di 20.469 euro
Attività prevalente. I guadagni di titolari d’azienda e autonomi sono più bassi perché le statistiche non sommano le altre tipologie di «incassi»
Il reddito medio dichiarato dai lavoratori dipendenti nel 2011 è stato di 20.680 euro, quello degli imprenditori 20.469 euro, mentre i pensionati si sono fermati a quota 15.790 euro.
Sono questi i dati salienti che emergono dalle statistiche sulle dichiarazioni Irpef 2012 diffuse ieri dal Dipartimento delle Finanze e strutturate per la prima volta sul reddito “prevalente” dei contribuenti (quello di ammontare più elevato tra i redditi soggetti a tassazione ordinaria Irpef o a tassazione sostitutiva in regime di cedolare secca per gli immobili locati).
Si tratta quindi di statistiche che vanno interpretate alla luce del fatto che imprenditori e autonomi normalmente possiedono tipologie di reddito collegate all’attività societaria e questo comprime la media del “dichiarato” in quanto persone fisiche.
L’analisi dei redditi dichiarati dai contribuenti mostra che circa l’83% dei soggetti detiene prevalentemente reddito da lavoro dipendente o pensione. In particolare, il 49% dei contribuenti (20,1 milioni) è un lavoratore dipendente e il 34% (14 milioni), ossia più di un contribuente su tre, ottiene il suo reddito prevalente da pensione. Solo il 5% (2,1 milioni) dei contribuenti dichiara in prevalenza un reddito derivante dall’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo abituale.
I lavoratori dipendenti (oltre 20,1 milioni), in ogni caso, risultano titolari di un reddito medio di 20.680 euro. Poco più delle metà detiene soltanto questo tipo di reddito (si tratta di soggetti concentrati prevalentemente nelle fasce di reddito medio-basse, fino a 20.000 euro). L’analisi per attività del datore di lavoro (effettuata attraverso l’esame dei modelli 770 presentati dai sostituti d’imposta) evidenzia, inoltre, che il 46% dei lavoratori dipendenti opera nei settori dei servizi (rispettivamente il 26% nel commercio, trasporti e comunicazioni e il 20% nelle attività professionali, finanziarie e altri servizi), il 23% nella pubblica amministrazione e il 20% nell’industria.
Il reddito medio da lavoro dipendente dei settori dell’industria (24.048 euro) e della pubblica amministrazione (23.169 euro) è superiore rispettivamente del 16% e del 12% rispetto al reddito medio nazionale.
Circa il 78% dei dipendenti (pari a 15,6 milioni) ha prestato lavoro presso lo stesso datore nell’arco dell’anno mentre il 21% ha avuto due o tre datori di lavoro.
I soggetti con reddito prevalente da pensione sono più di 14 milioni (93% di coloro che dichiarano reddito da pensione) e dichiarano un reddito medio di 15.790 euro. Circa il 40% detiene solo il reddito di specie ma rilevante è la percentuale di casi di compresenza con redditi da terreni e fabbricati (53%).
I soggetti con reddito d’impresa prevalente, invece, sono circa 1,5 milioni (89% di coloro che dichiarano reddito d’impresa), per un valore medio di 20.469 euro. Le imprese familiari sono circa 175.000 e sono localizzate prevalentemente in Lombardia e Veneto. I contribuenti che dichiarano un reddito complessivo maggiore di 100.000 euro (oltre 25.000 imprenditori) operano prevalentemente nelle attività “farmaceutiche” (14,9%) e di “promozione finanziaria” (9,1%).
Per quanto riguarda i lavoratori autonomi, hanno un reddito di questo tipo “prevalente” in circa 570.000 (83% di coloro che dichiarano tale reddito). Se si considerano i lavoratori autonomi con reddito complessivo maggiore di 100.000 euro (circa 77.000 soggetti) emerge che la metà opera in tre attività economiche: studi medici, poliambulatori e studi legali.
Infine, ci sono 2 milioni di italiani – il 5% dei contribuenti – che ricavano il loro reddito prevalente dai fabbricati, mentre i contribuenti con reddito da partecipazione prevalente sono circa 1,4 milioni (il 68% di coloro che dichiarano tale reddito).
Circa il 43% dei soggetti ha partecipazioni in società che operano nel settore del «commercio, trasporti e comunicazioni». Le attività professionali svolte in forma associata sono fonte del reddito prevalente per 76.366 contribuenti.
La Stampa e il Sole 24 Ore – 15 novembre 2013