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Il Parlamento è incagliato: mancano 1.300 nomine. Da costituire 10 organi e le commissioni d’inchiesta. 800 disegni di legge già presentati

Il calendario segna oggi un mese esatto dalla partenza della nuova legislatura e 50 giorni dalle elezioni. Il Parlamento è, però, ancora a metà del guado. Nell’attesa che arrivi il Governo, le Camere vanno, infatti, avanti a scartamento ridotto. All’appello mancano undici organi: in ballo ci sono più di 1.300 nomine, senza contare le commissioni d’inchiesta (la cui composizione è difficile da quantificare perché legata alla legge istitutiva) e considerando che uno stesso deputato o senatore può avere più incarichi. Situazione legata agli equilibri politici e, dunque, alla maggioranza che si andrà a delineare. Restano nei cassetti gli oltre 800 disegni di legge già presentati, così come attendono una risposta le 157 interrogazioni, le 16 interpellanze e le 4 mozioni depositate.

Perchè qualcosa si muova ci vorrebbero almeno le 14 commissioni permanenti. I gruppi hanno già designato i loro componenti all’interno di ciascuna commissione, ma per partire occorre nominare l’ufficio di presidenza di ogni organo, operazione che avviene a scrutinio segreto. Dunque, senza una maggioranza e un’opposizione ben chiare, i risultati delle urne possono essere inattesi. Eppoi c’è da considerare la diplomazia della politica, con alcune presidenze delle commissioni da riservare all’opposizione.

Discorso che in parte pesa anche sulla costituzione delle commissioni bicamerali e d’inchiesta. Anche in questo caso, come per le permanenti, la composizione rispetta la proporzione dei gruppi parlamentari, ma anche qui contano le alleanze per la designazione delle presidenze. Senza considerare che le commissioni bicamerali d’inchiesta vengono costituite per legge e al momento non ci sono le condizioni per avviare un dibattito su tali temi.

All’appello mancano anche la giunta per le elezioni e quella per le autorizzazioni. La prima deve verificare la regolarità dell’elezione dei deputati o dei senatori. Alla Camere è formata da 30 deputati e al Senato (dove assume la denominazione di giunta per le elezioni e le immunità parlamentari) da 23 senatori. La composizione deve sempre rispecchiare la proporzione dei gruppi, anche se in questo caso i componenti sono scelti direttamente dai presidenti di ciascuna Camera e non eletti.

Lo stesso accade per la giunta delle autorizzazioni della Camera, composta da 21 deputati, i quali devono vagliare le richieste dell’autorità giudiziaria sull’arresto di un parlamentare. Valutazione che, invece, al Senato spetta alla giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari.

Altri organismi ancora da costituire sono quelli giurisdizionali, che si occupano del contenzioso sugli atti amministrativi interni della Camera o del Senato. Così come sono ancora in stand by il comitato consultivo sulla condotta dei deputati, alla Camera, e la commissione biblioteca e archivio storico al Senato. Anche le delegazioni del Parlamento presso gli organismi internazionali sono da formare. In questo caso, però, la casella non è del tutto scoperta, perché restano in regime di prorogatio le delegazioni della precedente legislatura.

L’unica attività nella quale i parlamentari si stanno sbizzarrendo è, pertanto, la presentazione delle proposte di legge. Ne risultano già depositate 810. Sui temi più disparati: dall’educazione di genere nelle scuole alla dieta vegana, dalla commissione di inchiesta sul ciclo rifiuti a una nuova rottamazione delle cartelle, dalla revisione della legge sull’aborto alla formazione universitaria per i tatuatori. Tra i gruppi più attivi si segnalano Forza Italia e il Pd, mentre le forze che finora sono arrivate più vicine a formare un governo (Lega e M5S) preferiscono non scoprire le carte neanche tramite i Ddl. Tant’è che per trovare una traccia della flat tax cara al Carroccio bisogna rivolgersi al forzista Gaetano Quagliariello, che la vorrebbe al 20% anziché al 15. Mentre a chiedere di abolire tout court i vitalizi, visti come il fumo negli occhi dai pentastellati, è il dem Roger De Menech. Contando sul fattore Fico i grillini puntano su una delibera dell’ufficio di presidenza: uno dei pochi organi già operativi in entrambi i rami del Parlamento.

Il Sole 24 Ore – 23 aprile 2018

 

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