Il Pdl s’è desto e dopo aver incassato una gragnola di colpi dalla Lega, di qua e di là del Garda, medita ora un feroce contrattacco, pronto a colpire là dove può fare più male agli «amici del Carroccio»: nella sanità. Il coordinatore regionale degli azzurri, Alberto Giorgetti, l’ha detto fin dall’inizio: la vicenda lombarda non può scivolare come acqua fresca sulla Regione Veneto. «Se cade Formigoni – ha detto – si va al voto anche qui». I suoi, sulle prime, non hanno capito: l’obiettivo non è mai stato quello di aprire una crisi al buio ma semmai quello di arrivare ad una verifica di giunta, con eventuali rimescolamenti di deleghe, che desse più potere ai pidiellini seduti a Palazzo Balbi. Insomma, si tratta di puntare al sole, per colpire l’aquila.
E adesso pure gli scettici si stanno convincendo che la cosa si può fare. Con calma, dosando modi e tempi e recitando ciascuno la sua parte.
Nel mirino, ovviamente, c’è la delega più pesante, quella che vale 8 dei 12 miliardi di euro del bilancio regionale, quella con cui «si fa politica» sul territorio, quella che fa capire chi comanda e chi no: la sanità. Che l’assessore Luca Coletto sia vittima di un assedio per cerchi concentrici lo fanno pensare tre indizi, che a ben vedere potrebbero pure fare una prova. Il primo indizio è la lettera del presidente della commissione Sanità Leonardo Padrin, lunedì. Una missiva che trae la sua forza da un’ostentata formalità, in cui Padrin attacca la giunta accusandola di gravi ritardi nella presentazione delle schede ospedaliere. Il secondo indizio, martedì, è la nota congiunta del capogruppo Dario Bond e del suo vice Piergiorgio Cortelazzo che accusa il segretario nathional della Lega, Flavio Tosi, di osteggiare per il tramite di Coletto qualunque riforma nel settore. Il terzo indizio è lo scontro andato in scena ieri, in giunta, tra il vice presidente Marino Zorzato, spalleggiato dagli altri assessori pidiellini, e Coletto, alla fine della discussione costretto a ritirare alcune delibere su primari e finanziamenti vari.
Fin qui, i fatti. Poi ci sono le preveggenze, che partendo dagli eventi recenti e ricamando su fatti noti e meno noti come il profondo legame tra Coletto e Tosi (che lo impose in giunta da «esterno»), il rapporto complicato tra Zaia ed il suo assessore (ultimo episodio, la cabina di regia vissuta come un commissariamento) ed il legame tra il governatore, Padrin ed il segretario generale alla Sanità Domenico Mantoan (abili a fare asse per tutta la stesura nel nuovo piano socio sanitario), arrivano a conclusioni più o meno drastiche per l’alleanza. Raccontano in consiglio che le strategie al vaglio degli azzurri sono due: la prima, perorata dal mediatore Zorzato, prevedrebbe il sostanziale commissariamento di Coletto, che resterebbe in giunta ma con ristrettissimi margini di autonomia, soprattutto nella stesura delle delibere più care al Pdl; la seconda, sospinta dal battagliero Giorgetti, punterebbe invece ad un vero e proprio rimpasto di metà legislatura, con il passaggio delle deleghe sulla Sanità da Coletto ad un pidiellino, magari proprio Padrin. L’incognita è rappresentata dal governatore Luca Zaia: che posizione assumerà, di fronte alle grandi manovre dell’alleato? L’attivismo di Tosi nei Palazzi affacciati sul Canal Grande, si sa, non gli è mai piaciuto, così come l’insistenza con cui il suo segretario interviene in materie delicate come la sanità, seppur legittimato dal ruolo conquistato al congresso (tra i leghisti c’è perfino chi dice che il governatore avrebbe letto con un sorriso sulle labbra, martedì sera, l’attacco di Bond e Cortelazzo al sindaco di Verona). D’altro canto, è difficile pensare che Zaia possa accettare di buon grado la cessione di una delega tanto importante dal suo partito al Pdl e questo nonostante le vicende lombarde, ed in particolare le mire di Maroni sulla candidatura al Pirellone nel post Formigoni, possano indurre la Lega a qualche dolorosa concessione in Veneto ed in Piemonte. Lo scenario, lo si capisce ripensando alla successione degli eventi da venerdì ad oggi, è fluido ed in continuo mutamento. Intanto fa riflettere che ieri, di fronte alla nota di richiamo di Bond e Cortelazzo a Tosi, dal consiglio non si sia levata una voce una in difesa del segretario («Ha esagerato e così facendo ci mette in difficoltà» conferma un colonnello, peraltro barbaro e sognante).
Le continue schermaglie tra la Lega ed il Pdl lasciano poi campo libero alle scorribande polemiche dell’opposizione, che va via di maglio dal Pd all’Udc. «Lo stallo nell’azione di governo regionale per noi era palese da diverso tempo. Finalmente se ne accorgono anche loro – commenta Rosanna Filippin, segretario del Pd – Stiamo assistendo ad un regolamento di conti che ha dell’inverosimile, ci sarebbe da ridere se nel frattempo l’immobilismo non gravasse sulle spalle di tutti i cittadini veneti. Il centrodestra in Veneto è davvero alla frutta». Si mette in scia Antonio De Poli dell’Udc: «Lega e Pdl sono in totale confusione ma scaricare le colpe su Tosi, che in consiglio regionale non ci sta, mi sembra francamente un’idea molto originale. Mi risulta che a Palazzo Ferro Fini ci stia Zaia, non Tosi. Se il Pdl deve attaccare la Lega, lo faccia attaccando il governatore e si assuma le sue responsabilità in aula».
Marco Bonet – Corriere del Veneto – 18 ottobre 2012