Un’infezione moderata, che al momento si trasmette solo dai volatili all’uomo e incapace di trasmettersi da uomo a uomo, ma da non perdere assolutamente di vista perché in breve tempo potrebbe diventare molto più aggressivo e pericoloso. A tracciare un primo identikit del nuovo virus H7N9 responsabile dell’influenza aviaria recentemente comparso nella Cina orientale sono gli esperti internazionali che lo stanno studiando sul campo. «E’ come cercare di avvistare uno tsunami settimane prima che arrivi», osservano. Il fatto che il virus sia comparso in diverse regioni della Cina lascia pensare che abbia la capacità di diffondersi rapidamente, ma non ci sono ancora dati sufficienti per capire come si sta spostando con l’aiuto degli uccelli.
Il virologo britannico John McCauley, direttore del centro collaborativo sull’influenza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) presso il britannico Medical Research Council, rileva che il virus appartiene alla famiglia dei virus influenzali di tipo A ed il suo sottotipo (H7N9) “non aveva mai colpito l’uomo finora”.
Attualmente tutti i casi registrati sono seguiti dai Centri cinesi per il controllo delle malattie e in questo momento il principale obiettivo è sapere se questo virus è in grado di trasmettersi da uomo a uomo.
E’ chiaro comunque che il virus H7N9 è diverso dal celebre H5N1, il virus dell’aviaria da anni nel mirino degli esperti. Parenti stretti del virus H7N9 hanno invece già colpito l’uomo di recente, nel periodo compreso fra il 1996 e il 2012: si chiamano H7N2, H7N3, e H7N7 e sono comparsi in Olanda, Italia, Canada, Stati Uniti, Messico e Gran Bretagna. E’ la prima volta, dicono gli esperti, che un virus del sottotipo H7 compare in Cina.
Per l’epidemiologo Adrian Sleigh, della Australian National University, nel 2008 sono state pubblicate alcune evidenze che i virus del sottotipo H7 stavano acquisendo la capacità di trasmissione da uomo a uomo.
Tuttavia, al momento non ci sono elementi per considerare il nuovo virus come la possibile origine di una nuova pandemia, ha osservato l’immunologo Robert Booy, dell’università australiana di Sydney. “Finora è improbabile una pandemia legata a questo virus. Sono state registrate alcune mutazioni che suggeriscono la capacità di adattarsi ai mammiferi, tuttavia da qui alla capacità di trasmettersi da uomo a uomo la strada è molto lunga”. Naturalmente, prosegue, “il tasso di mortalità finora registrato è molto elevato”, ma i casi complessivi sono ancora pochi per trarre conclusioni.
Intanto si registrano tre nuovi contagi nella Cina orientale del muovo virus dell’influenza aviaria H7N9, che portano a 21 il numero totale degli infetti comprese le sei vittime. L’ultimo contagiato riguarda un uomo di 55 anni della provincia dell’Anhui che lavorava in un mercato di pollame. Nessuno di coloro che sono entrati in contatto con l’uomo hanno contratto il virus. Con questo, sono 10 casi di H7N9 a Shanghai (comprese quattro vittime), tre casi tra i quali due vittime nella provincia dello Zhejiang, sei casi nella provincia del Jiangsu e due nell’Anhui.
In Italia. Virologi: livello attenzione alto ma no allarmi
“Il nostro livello di attenzione nei confronti del virus H7N9 e’ alto, ma allo stato attuale non c’e’ alcun allarme”. A tranquillizzare sulla nuova influenza aviaria che in Cina ha infettato 18 persone e ne ha uccise 6, e’ Gianni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanita’ (Iss), che ricorda all’Adnkronos Salute: “Allo stato attuale non e’ stata dimostrata la capacita’ di questo virus di essere trasmesso da uomo a uomo. Il contagio avviene solo fra uomo e volatili. Il problema e’ che non e’ ancora ben chiara la fonte primaria dell’infezione, se siano i polli, i piccioni o altri, e quindi, potenzialmente, quante specie potrebbero diventare serbatoi del virus”.
L’H7N9 da’ luogo a un’infezione “che nei volatili ha una bassa patogenicita’ – spiega Rezza – mentre nell’uomo risulta grave. Questo rende innanzitutto difficile individuare gli animali infetti”: la ‘vecchia’ aviaria, quella da H5N1 “faceva morire gli uccelli a migliaia” ed era dunque piu’ ‘evidente’. “Ci vogliono piu’ dati – prosegue l’esperto – seguiamo con attenzione l’evolversi della situazione. Anche l’Organizzazione mondiale della sanita’ non ha lanciato allarmi ne’ sconsigliato viaggi”. Rezza ipotizza la necessita’ di un controllo medico “solamente a chi, di ritorno proprio dalle zone della Cina colpite dall’infezione, dovesse presentare sintomi influenzali. Solo in questi rari casi e’ giustificabile farsi visitare”.
“La mappatura genetica di questo virus, che non aveva mai infettato l’uomo fino a ora – aggiunge Giorgio Palu’, virologo dell’universita’ di Padova e vicepresidente della Societa’ europea di virologia – sembra indicare che l’H7N9 puo’ riconoscere i recettori delle cellule respiratorie umane. Questo potrebbe indicarne una potenziale capacita’ di trasmissione interumana. Ma il sequenziamento genetico non basta per affermarlo: servono anche test funzionali. Ancora il virus non e’ uscito dai confini della Cina – conclude l’esperto – che rimane un grande ‘serbatoio’ di infezioni virali da volatili a uomo: il Paese fa parte dei movimenti migratori di varie specie di uccelli o possiede grandi acquitrini dove i volatili selvaggi vengono a contatto con quelli allevati”, creando l’ambiente adatto per lo ‘scambio’ di agenti virali potenzialmente pericolosi anche per l’uomo.
H7N9, Hong Kong ha il fiato sospeso per la nuova aviaria
Era il maggio del 1997 e cominciò tutto da qui, da Hong Kong, dal mal di gola di un bimbo di tre anni che morì pochi giorni dopo di complicanze respiratorie al Queen Elizabeth Hospital. Era il paziente zero della H5N1, quella che fu la prima e più grande epidemia di influenza aviaria. Scuole chiuse, attività ferme, borse a picco. Il ricordo è ancora vivido in questa grande città al confine tra Oriente e Occidente. Per questo Hong Kong si è svegliata stamattina con il fiato sospeso: al Queen Elizabeth Hospital è stata isolata ieri sera una bambina di sette anni, affetta da sintomi compatibili con la nuova ondata di virus influenzale killer, l’H7N9 (fino a oggi, 6 morti su 16 casi di infezione conclamata: tutti nella zona est della Cina, quella di Shanghai e Nanjing, report aggiornati li trovate qui).
Immediata la conferenza stampa del governatore dell’ex colonia britannica: la situazione è sotto controllo, la ragazzina proveniva da una vacanza a Shanghai, non l’ha contratta qui. Istituto di sanità locale: non ci sono conferme di contagio da uomo a uomo, a Shanghai la paziente è stata in contatto con pollame infetto. Nonostante le rassicurazioni, dalle 16 di ieri pomeriggio la televisione di Hong Kong ha cominciato a mandare in loop uno spot persino patinato (attori attraenti, filtri accattivanti, musichetta, virtuosismi grafici) in cui il governo raccomanda l’utilizzo della mascherina chirurgica al primo segnale di raffreddore, suggerisce di non frequentare i luoghi pubblici se non è necessario, di buttare i propri fazzoletti nei cestini e di cambiare spesso l’aria nei luoghi in cui si risiede con altre persone. Come dire: è solo questione di tempo, attenti che arriva. Questa mattina, dunque, la prima notizia è stata quella più attesa: per il momento non è la nuova aviaria, la bambina ricoverata ha un’altra influenza. Oggi sta meglio. Ergo: Hong Kong è ancora immune. Fino a ora.
Mi sono trasferita qui due settimane fa, i miei bambini cominceranno la scuola locale tra 48 ore. Lo ammetto: era la notizia che aspettavo anch’io. Dalla scuola per il momento nessuna comunicazione particolare. D’altronde, viviamo nella città in cui le misure igieniche preventive sono già le maggiori al mondo. All’inizio fa quasi paura. Arrivi all’aeroporto, due bimbi aggrappati al trolley e vieni gentilmente assalita da tre operatori sanitari armati di termometro a infrarossi. Niente febbre, possiamo passare. Questo avveniva a metà marzo, prima che il primo pollo cominciasse a starnutire. In effetti sono 16 anni che avviene, a partire da quel famoso mal di gola del 1997 che finì in un disastro sanitario, umano ed economico.
La strategia anti epidemia continua anche fuori dall’aeroporto. Sali in metropolitana e un gigantesco cartello luminoso ti invita a indossare la mascherina “if you have a cold”, se hai il raffreddore. Cioè non per proteggersi (in questo caso la mascherina non ha alcuna efficacia) come si tentò goffamente di fare all’epoca del primo allarme in Europa, ma per non diffonderlo. Mentre cerchi poi, come da abitudine cittadina, di mantenere l’equilibrio il più possibile senza aggrapparti a pali e maniglie sul treno, o ai corrimano delle scale mobili, un altro cartello ti rassicura che “sono disinfettate ogni 30 minuti e ricoperte di materiale antibatterico”. Stesso avviso sulle pulsantiere delle ascensori, sui carrelli del supermercato. Dispenser di gel disinfettante ti aspettano a ogni sportello pubblico. Porti i bambini a fare i documenti a scuola: via le scarpe (come in ogni casa privata di Hong Kong) e all’ingresso la scenetta dell’aeroporto si ripete con un paio di giganteschi termometri che campeggiano vigili sul banco della reception.
Per il momento, dunque, la vita a Hong Kong continua senza troppi aggiustamenti. Il monsone che ha inzuppato l’isola nelle ultime due settimane sembra cedere oggi spazio a un insolito cielo blu, schiarito dal vento. La baia di Clearwater, da cui scrivo, è punteggiata di barche a vela. Le immense navi cargo si arrampicano lontane come formichine sulla linea dell’orizzonte. La borsa più importante del mondo segna -2,73%. E attende il prossimo bollettino sanitario.
Ansa, Adnkronos e il Fatto quotidiano – 7 aprile 2013