Da pagina 1 Roberto Giachetti, il vicepresidente della Camera che digiuna per la riforma, ha già perso dieci chili e altri si appresta a smaltirne. È molto critico su quello che sta accadendo al Senato: la battaglia degli ordini del giorno, il doppio turno del Pd bocciato, il nuovo rinvio.
Forse ha ragione, ma qualcosa sotto le macerie si sta muovendo. E proprio la giornata di ieri lo ha dimostrato. Certo, il Pd ha visto la sua mozione respinta, nonostante l’appoggio del Sel e di Scelta Civica, ed è inutile la polemica verso i Cinque Stelle. Grillo gioca per sé, come quasi tutti peraltro. E il doppio turno voluto dal Pd non è di sicuro nell’interesse di una forza massimalista e anti-sistema come il M5S. Era ingenuo attendersi il contrario, cioè il sostegno all’ordine del giorno dei democratici.
Eppure il voto in commissione spazza via un equivoco. Elimina l’illusione che il doppio turno (senza dubbio sulla carta il migliore fra i modelli elettorali) potesse trovare sostenitori nei ranghi del centrodestra, nonché fra i famosi “grillini” malcontenti. La verità è che a Palazzo Madama, negli attuali rapporti di forza, non c’è una maggioranza trasversale a favore del doppio turno. Alla Camera il Pd ha i voti, ma non altrettanto al Senato. E allora cosa ha dimostrato la giornata di ieri? Attraverso un percorso un po’ paradossale, l’assenza di consenso all’ipotesi del doppio turno ha fatto capire che nemmeno il ritorno al proporzionale è probabile.
La restaurazione della Prima Repubblica è infatti l’incubo dei bipolaristi, a cominciare da Giachetti, insieme alla permanenza del “Porcellum”. Ma questa seconda possibilità è esclusa dall’imminente pronuncia della Corte Costituzionale: quasi nessuno infatti crede che l’attuale legge elettorale possa essere salvata dai giudici nella sua interezza. Ora è vero che la pronuncia della Consulta rischia di aprire la strada a un nuovo sistema proporzionale, ma qui le forze politiche hanno tutta la convenienza a intervenire. E una volta escluso il doppio turno, ciò che rimane sul tavolo è la precedente legge (il cosiddetto “Mattarellum”) magari un po’ rivista e corretta in alcuni difetti.
Su questo terreno l’intesa potrebbe essere anche rapida, almeno sulla carta. Fautore del “Mattarellum” aggiornato è la Lega, come pure i centristi di Scelta Civica. E a destra il gruppo dei dissidenti filo-governativi, oggi che sono a un passo dalla scissione, potrebbe trovarvi il proprio interesse. C’è, nemmeno a dirlo, l’incognita di Berlusconi. Ma su questo punto si può solo attendere l’esito del braccio di ferro interno al Pdl-Forza Italia. Se la spunterà Alfano e Berlusconi confermerà, sia pure “obtorto collo”, la linea realista del 2 ottobre, quando votò la fiducia al governo Letta, allora si può credere che vedremo anche il via libera al “Mattarellum”. Se viceversa ci sarà la scissione, i moderati dovranno attaccarsi alla riforma elettorale che meno li penalizza, pensando alla propria sopravvivenza. E di nuovo il “Mattarellum”, sia pure ammodernato, potrebbe essere la scelta più logica.
Quanto a Renzi, si è battuto con convinzione a favore del doppio turno. Ma ora anche lui potrebbe accettare una soluzione che almeno salva il principio maggioritario. Forse l’unica realisticamente praticabile nell’Italia di oggi che ancora attende la riforma costituzionale.
Il Sole 24 Ore – 13 novembre 2013