L’accelerazione dell’agenda lavoro potrebbe arrivare dopo il 14 giugno, giorno del vertice romano dei ministri dell’Economia e del Lavoro di Francia, Spagna e Germania, preparatorio in vista del Consiglio europeo di fine mese.
Dopo quel venerdì l’assemblaggio del «pacchetto lavoro» potrebbe cominciare ad arricchirsi di punti fermi per consentire al Governo di presentarsi in Europa con un provvedimento «pesante». La prima ricetta anti-crisi firmata Giovannini-Saccomanni-Letta dovrebbe contenere qualche forma di sgravio sulle assunzioni dei giovani (con durata e portata da definire solo quando si conosceranno i saldi dell’operazione), un ulteriore ritocco alle norme sui contratti a termine (con riduzione per norma primaria dei tempi di intervallo per i rinnovi e un’estensione del dispositivo della acausalità) e una nuova semplificazione dell’apprendistato. Il «pacchetto» dovrebbe contenere anche una serie di misure di semplificazione in materia di lavoro, cui stanno lavorando anche i tecnici di Palazzo Vidoni.
Il nodo sgravi per le assunzioni
Le riflessioni dei tecnici ruotano attorno a tre strumenti classici: il credito d’imposta, gli sgravi contributivi (da considerarsi a tempo e con scalettature varie) i finanziamenti in conto capitale ai datori che assumono giovani. Le valutazioni in corso sono di due tipi: la prima riguarda la quantificazione economica, la seconda le compatibilità europee. Uno dei passaggi fondamentali è quello della riprogrammazione dei fondi comunitari, da cui si capirà anche su che dote si potrà contare. Altra scelta da fissare è quali di questi sgravi potrebbero essere attivati nelle quattro Regioni dell’Obiettivo convergenza (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia), sempre tenendo conto dei vincoli Ue sull’uso delle risorse. Le riflessioni in corso al ministero di via Veneto, con riunioni tecniche via via più allargate, sono per ora su schede aperte, un work in progress insomma, in vista degli appuntamenti europei. Ma molto c’è ancora da approfondire. Perché, come ha ripetuto il ministro Giovannini anche nel colloqui di ieri con il Sole 24Ore, le risorse a disposizione saranno scarse e si dovranno utilizzare al meglio, per garantire il massimo risultato possibile
Le semplificazioni sugli adempimenti formali
Nel «pacchetto» dovrebbero rientrare anche alcune norme a costo zero ma di forte impatto in materia di semplificazione. Al vaglio ci sono circa una cinquantina di misure, parte delle quali verrebbero ripescate dal vecchio disegno di legge dell’ex ministro Filippo Patroni Griffi, arenatosi alla fine della scorsa legislatura. Nel decreto potrebbero entrare solo alcune norme, come quella che prevede l’acquisizione d’ufficio del Durc, il Documento Unico di Regolarità Contributiva, rilasciato per i contratti pubblici di lavori, forniture e servizi ha validità di 180 giorni dalla data di emissione e non dovrà essere richiesto per ogni singolo contratto, mantenendo la propria validità nei confronti di tutte le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori. Oppure la misura che introduce
modelli standard e procedure semplificate (come nel caso delle aziende che operano nei
settori a basso rischio, della predisposizione della documentazione per i cantieri etc.). Un altra serie di semplificazioni amministrative e regolatore più complesse (l’introduzione della data unica per una serie di adempimenti o la formula dell’indennizzo da parte delle amministrazioni ai privati in caso di mancato rispetto di un termine) andranno invece in un successivo disegno di legge.
La Garanzia per i giovani disoccupati
Altro capitolo in lavorazione è quello, infine, della preparazione per lo Youth Guarantee scheme europeo per i paesi con un elevato tasso di disoccupazione. Il meccanismo è noto e si basa sulle azioni di politica attiva che dovrebbero essere sviluppate dai Servizi per l’impiego: garantire un’offerta di lavoro, apprendistato o tirocini entro quattro mesi da quando il giovane che fa domanda ha lasciato la scuola o diventato disoccupato. I fondi saranno disponibili dal 2014, ma l’Italia chiede di anticiparli al 2013 e grazie al cofinanziamento dovrebbero arrivare a un miliardo, visto che la quota di cui si parla oscilla tra i 400 e i 600 milioni (su una dote complessiva di 6 miliardi per il periodo 2014-2020). Per guadagnarsi le risorse europee è necessario puntare sulla qualità delle attività svolte per trovare un lavoro ai disoccupati. L’obiettivo dell’Esecutivo è ripresentare la delega per il riordino dei servizi per l’impiego: tra le ipotesi sul tappeto c’è la costituzione di un’agenzia nazionale, con la partecipazione delle Regioni, che gestirà sia le politiche passive sia quelle attive. Fondamentale sarà anche la messa a punto di linee guida nazionali, con un monitoraggio delle attività svolte e un maggior coinvolgimento dei privati. L’idea è quella della presa in carico dei disoccupati da parte del sistema pubblico, con la possibilità da parte delle agenzie per il lavoro di partecipare ai bandi per l’assegnazione delle attività di formazione e outplacement. Ma restano alcuni nodi da sciogliere, come la carenza di personale lamentata dai centri per l’impiego (circa 6.600 persone).
Il Sole 24 Ore – 7 giugno 2013