Che sia l’istinto protettivo di una mamma orsa verso i suoi cuccioli o la fame secolare di un branco di lupi, sono sempre più frequenti i contatti occasionali tra l’uomo e alcuni dei grandi carnivori che negli ultimi 20 anni sono tornati a popolare Alpi e Appennini. Non incontri ravvicinati del terzo tipo, come raccontava il film di Spielberg, ma di primissimo tipo: selvaggi, a volte pericolosi, comunque lontani dalla cultura e dalle abitudini umane e, per questo, spesso vissuti con l’angoscia e la rabbia di chi abbinava ad altre ere storiche l’idea di ritrovarsi a tu per tu con un grande animale carnivoro, magari a mani nude. In Trentino un fungaiolo è stato aggredito e ferito da un’orsa (nella foto mentre allatta i piccoli) a Ferragosto.
Nei boschi del Pistoiese, alcuni giorni fa, un escursionista è stato inseguito in piena notte da alcuni lupi e si è salvato arrampicandosi su un’enorme croce in metallo. In entrambi i casi il contatto uomo-animale si è trasformato in conflitto, con inevitabile coda di polemiche.
Difficile dire se Gabriele Maturi, 38 anni, a caccia di funghi tra i boschi di Pinzolo, sia stato incauto o solo sfortunato nell’incrociare i suoi passi con quelli di mamma Daniza, orsa di 18 anni con due cuccioli a carico, presente in quell’area dal 2000 nell’ambito del programma «Life Ursus». L’uomo sostiene di aver visto i piccoli a circa 30 metri di distanza e di essersi subito nascosto dietro un albero, ma di essere stato ugualmente aggredito dall’orsa che gli ha graffiato la schiena e un ginocchio: «Sono riuscito ad allontanarla a calci e pugni, ma è stato terribile» ha raccontato in ospedale. Il problema, ora, è cosa fare dell’orsa e dei suoi piccoli. Scartata la sciagurata idea dell’abbattimento, la strada scelta dalla Provincia di Trento è quella della cattura dell’animale (il plantigrado è munito di radiocollare e quindi individuabile), ma dal fronte animalista si levano trincee: la Lega abolizione caccia accusa il fungaiolo di «comportamento imprudente»; il presidente dell’Enpa, Carla Rocchi, si chiede polemicamente «che altra reazione vi aspettavate dall’orsa?»; sul web e su Facebook è un ribollire di commenti, quasi tutti in difesa dei cuccioli. Lega e Forza Italia, convinti che episodi di questo tipo «danneggiano il turismo», chiedono invece il blocco del progetto di ripopolamento «Life Ursus», mentre il Corpo Forestale dello Stato ricorda che «quello della femmina con cuccioli è l’unico caso in cui ci si può attendere un tentativo di aggressione all’uomo».
L’eterno pendolo che riparte. Come conciliare la ritrovata esistenza di specie animali che parevano destinate all’estinzione con il complesso mondo degli uomini? Un dilemma che mai come ora si pone in Italia, dove, per una volta all’avanguardia, sono state messe in campo politiche ambientali che hanno consentito una parziale ricolonizzazione animale. Se ora, dalle Alpi agli Appennini, vivono più di un migliaio di lupi e un centinaio di orsi, oltre alle linci (ancora poche), lo sciacallo dorato e l’aquila reale, il punto di partenza è il forte aumento delle superfici forestali e boschive e la creazione di aree protette (l’11%, tra i primi al mondo). I periodici inventari della Forestale fotografano un incremento costante: 8,5 milioni di ettari nel 1985 che diventano 10,5 milioni nel 2005 e 11 milioni nel 2014. Dodici miliardi di alberi che hanno determinato il ripopolamento degli animali erbivori (un milione di cinghiali, 400 mila caprioli, 68 mila cervi, 20 mila mufloni), attirando di conseguenza i grandi carnivori.
Emblematico il caso del lupo. Perseguitati per secoli, i pochi esemplari rimasti ad inizio ‘900 erano concentrati tra la Sila e i Sibillini. L’introduzione di nuove tutele negli anni 70 ne hanno consentito il ripopolamento e da allora, attraverso quel corridoio ecologico che è l’Appennino, i lupi hanno raggiunto le Alpi.
«Convivere è possibile — afferma il capo della Forestale, Cesare Patrone —, disponiamo degli strumenti scientifici e culturali necessari: a volte le soluzioni propenderanno per l’uomo, altre per la natura, ma verrà il tempo in cui l’Europa diverrà un immenso serbatoio di biodiversità ritrovate». L’orso è uno di questi: negli anni 60 se ne contavano 15 in Italia, scesi a 5 negli anni 90. Tra il ’99 e il 2002, il cambio di passo con il rilascio in Trentino di 10 esemplari (3 maschi e 7 femmine). Una di queste è Daniza, la mamma orsa, ora sorvegliata speciale.
Francesco Alberti – Il Corriere della Sera – 17 agosto 2014