Paolo Baroni. Questione d’orgoglio, è proprio il caso di dire. L’orgoglio di un Paese che, nonostante i molti problemi, cerca in ogni modo di contrastare il pregiudizio, diffuso soprattutto all’estero, di un Paese immobile, coi bilanci perennemente in disordine e sommerso dai debiti. «Orgoglio e pregiudizio», come il famoso romanzo della scrittrice inglese Jane Austin, ma anche come l’operazione di marketing politico lanciata questa settimana dal ministero dell’Economia con tanto di hastag (#prideandprejudice) e lanci su Twitter in italiano ed in inglese che rimandando alle pagine web del ministero (www.mef.gov.it) e ad una ricca infografica.
Sei cinguettii per sei dati macroeconomici («di cui non si parla mai, o non abbastanza») che puntano a dimostrare in maniera diretta che «l’Italia non è quella che normalmente viene raccontata dai media, soprattutto all’estero», ma che anzi è «un Paese di cui andare orgogliosi». Sono anni che veniamo messi in croce per il debito pubblico troppo alto, una competitività da terzo mondo ed un deficit fuori controllo. Per questo al Tesoro hanno deciso di contrattaccare proponendo una serie di «grandezze economiche utili a rappresentare l’Italia per ciò che è: uno dei Paesi principali del mondo sviluppato, il secondo Paese per produzione manifatturiera in Europa, la terza economia dell’Eurozona. Un Paese che negli ultimi 20 anni ha saputo tenere i propri conti sotto controllo collocandosi tra i più virtuosi in Europa e nel mondo».
Il primo tweet martedì scorso era dedicato all’avanzo primario, ovvero al saldo positivo tra entrate e uscite dello Stato esclusi gli interessi sul debito. Nel 2013 solo la Germania ha fatto meglio di noi (2,2% contro 2). Secondo capitolo, il deficit. Non solo siamo rimasti sotto la soglia fatidica del 3% sia nel 2012 che nel 2013, ma il Mef ricorda che anche nel 2014 rispetteremo questo parametro come pochi altri Paesi nella Ue. Il debito pubblico? Certo è molto alto. Ma dall’inizio della crisi è cresciuto appena del 31,12% rispetto al +151% della Spagna, al +118 del Regno Unito, al +71,57 degli Usa, il +52,33 della Francia ed il +31,19 della Germania. Quanto a sostenibilità della nostra economia, e siamo al quarto “tweet”, l’analisi della Commissione riconosce all’Italia un rischio più basso della media dell’Eurozona come dell’intera Ue sia nel breve, che nel medio e nel lungo periodo. E ieri è arrivato il penultimo scatto d’orgoglio: l’Italia, con 60,3 miliardi, è il terzo contributore per aiuti versati ai «fondi salva-Stati» utilizzati per aiutare i Paesi in difficoltà (Cipro, Grecia, Portogallo e Irlanda).
Oggi arriverà l’ultimo tweet per certificare come il nostro sistema bancario è tra i più solidi e non ha di fatto richiesto aiuti di Stato al contrario di Germania e Regno Unito. «La sfida – spiega il portavoce del ministro dell’Economia, Roberto Basso, sul suo blog – è di fare informazione positiva senza strumentalizzare i dati né piegarli ai propri fini». E anche un tweet può servire ad uscire dal cono d’ombra. Speriamo.
La Stampa – 23 novembre 2014