Cybermedicina, uso delle tecnologie, governance aziendale e medicina militare. Sono queste le new entry assolute del nuovo Codice deontologico dei medici, approvato domenica a Torino – dieci i voti contrari – dopo 16 ore di dibattito serrato sugli ultimi emendamenti, arrivati al termine di una maratona negoziale partita due anni fa.
Il nuovo testo, varato dal Consiglio nazionale della Fnomceo, la Federazione nazionale degli ordini dei medici e degli odontoiatri, manda quindi in soffitta la versione precedente, ferma al 2006. Perché se pochi anni erano passati dall’ultima revisione, spiega il presidente Fnom (e senatore) Amedeo Bianco, «era ormai pressante l’esigenza di recepire quella rivoluzione copernicana che ha investito la medicina, trasformandola relazione di cura e il ruolo dei camici bianchi. Stretti tra esigenze di bilancio e pazienti sempre più informati, e protagonisti di un ruolo attivo nella promozione della salute, intesa come benessere del singolo e della collettività».
Ecco allora che il nuovo Codice, che sarà presentato ufficialmente venerdì a Roma, si arricchisce di quattro articoli inediti, dedicati a medicina militare (con l’introduzione della voce “bioterrorismo” e il divieto assoluto, per il medico, di essere coinvolto a qualunque titolo nel reato di tortura), medicina potenziativa o cybermedicina (il tentativo di fissare nuove frontiere ai limiti fisiologici del corpo e dell’organismo), telemedicina (l’Ict non può mai sostituirsi alla visita di persona al paziente) e organizzazioni sanitarie (con il medico che rivendica comunque una propria autonomia rispetto alle logiche dell’aziendalizzazione). «Noi – ha spiegato a quest’ultimo proposito Amedeo Bianco – partiamo sempre dal benessere del paziente, in un percorso di appropriatezza ed efficacia». Un compito «necessariamente complesso. Siamo preoccupati da politiche che guardano solo all’equilibrio economico. Tenere d’occhio le risorse è giusto e necessario ma puntando su obiettivi di salute e non sul mero dato contabile».
Contestata, durante il dibattito, è stata poi l’introduzione o meno del concetto di «persona assistita» in totale sostituzione del termine «paziente». Alla fine ha prevalso una linea di mediazione: si parla di paziente quando ci si riferisce esplicitamente alla terapia, mentre l’espressione persona assistita è adottata negli articoli dove si considera il mantenimento o la promozione di uno stato di salute. Focus, ancora, sulla prevenzione del rischio clinico, con l’obbligo di segnalazione, in forma anonima, anche dei “quasi errori” da indicare nelle peer review finalizzate al risk management. Sulla lotta all’abusivismo professionale è linea dura, in sintonia con le nuove normeche prevedono il carcere fino a due anni per falsi medici e falsi dentisti.
Il Sole 24 Ore – 20 maggio 2014