Peculato e abuso d’ufficio: per queste ipotesi di reato il Tribunale dei ministri di Milano chiede alla Camera dei deputati l’autorizzazione a procedere per l’ex ministro del turismo Michela Brambilla, oggi parlamentare, accusata di aver usato «illegittimamente» due volte un elicottero dei Carabinieri dopo aver attestato «falsamente» di averne bisogno per «fini istituzionali» e approfittando della «assoluta assenza di controlli» da parte della presidenza del Consiglio, allora guidata da Silvio Berlusconi.
La Procura aveva chiesto di archiviare il caso perché «il fatto non sussiste» attraverso il sostituto Letizia Mannella. Sotto accusa i voli, soprattutto quelli di ritorno, decollati da Calolziocorte, il paese in provincia di Lecco dove risiede la Brambilla. Il primo, per partecipare il 9 dicembre 2009 a Piazzola sul Brenta (Padova) a una conferenza regionale sul turismo; il secondo per incontrare il 13 marzo 2010 a Rimini gli operatori turistici locali. Il costo sostenuto dall’erario, hanno accertato le indagini della Guardia di Finanza di Milano, è stato di circa 7.000 euro a tratta, 28.000 in tutto. Il ministro inciampa nella direttiva firmata dallo stesso Cavaliere nel luglio 2008 che stabilisce che i ministri possono usufruire dei voli di Stato per «svolgere i propri compiti istituzionali» o per motivi di sicurezza «previa rigorosa valutazione dell’impossibilità, dell’inopportunità o della non convenienza» dell’uso di altri mezzi. Per ottenere l’elicottero, Michela Brambilla, che non era sottoposta a particolari protezioni, si legge nelle nove pagine trasmesse alla Camera e al pm, ha attestato di dover rientrare al più presto a Calolziocorte per «proseguire con altri impegni istituzionali». In realtà, secondo il Tribunale dei ministri (Dario Giuseppe Papa, presidente, Silvia Brat, giudice, Anna Ferrari, relatrice), «a Calolziocorte non vi erano impegni istituzionali», come testimoniato dall’allora capo di gabinetto del ministro Carlo Modica de Mohac. Ma la parlamentare ha ribadito la sussistenza di quegli impegni con una memoria difensiva. I giudici puntano l’attenzione sui vari uffici dove «inspiegabilmente» nessuno controllava. Non lo facevano i carabinieri, perché non avevano alcuna competenza sulla materia, tanto che «omettevano persino di controllare le generalità e l’identità fisica» di chi accompagnava il ministro dato che, come ha dichiarato un ufficiale, «si va sulla fiducia visto che sono al seguito del ministro». Non controllava l’Ufficio voli di Stato che rimetteva tutto «al segretario generale della presidenza del Consiglio» il quale, a sua volta, si limitava «a verificare la correttezza formale degli atti», ha testimoniato il segretario di allora, Mauro Masi, ex direttore generale della Rai, per poi passare la patata bollente al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, che in quel momento era Gianni Letta. Uno scarico di responsabilità a cascata, una «singolare prassi» di cui «ha potuto avvalersi il ministro Brambilla» la quale, nella «consapevolezza della assoluta assenza di controlli», ha «illegittimamente ottenuto la disponibilità dell’elicottero» concludono i giudici secondo i quali «gli elementi raccolti» impongono un processo. Se la Camera darà l’autorizzazione l’ex ministro sarà processato dal tribunale ordinario.
Corriere della Sera – 22 gennaio 2014