Michela Nicolussi Moro, il Corriere del Veneto. Per la terza settimana dall’introduzione delle «aree colore di rischio Covid» da parte del ministero della Salute, lo scorso 4 novembre, il Veneto resta giallo. Il che significa coprifuoco dalle 22 alle 5, bar e ristoranti chiusi alle 18, centri commerciali con le serrande abbassate di sabato e domenica, stop all’attività di musei, mostre, teatri, cinema, palestre, piscine, sale gioco, scommesse, Bingo e slot machine. Si continua con la didattica a distanza solo per le scuole superiori e la capienza al 50% sui mezzi pubblici, ma non c’è alcun limite di spostamento tra Comuni o Regioni, tranne per l’ingresso in quelle rosse, legato all’autocertificazione. Secondo l’ultimo monitoraggio condotto dall’Istituto superiore di Sanità dal 16 al 25 novembre, l’indice del contagio (Rt) nel Veneto resta pressoché invariato, salendo da 1,16 a 1,2.
Ma va anche detto che la regione non è tra le dieci con Rt sotto l’1 (obiettivo per tutta Italia), nelle quali rientrano invece Calabria e Piemonte, come la Lombardia (1,17) da rosse trasformate in arancioni, e Liguria, ieri diventata gialla insieme alla Sicilia. Tutti passaggi sanciti da un’ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza. Il Veneto si ritrova invece con l’Rt più alto dopo la Basilicata (1,21) ma, spiegano da Palazzo Balbi, «lo si deve al fatto che qui è rimasto tutto aperto e nelle Regioni rosse e arancioni no, quindi da loro la diffusione del virus è stata fortemente limitata». La buona notizia è che, nonostante il Veneto abbia raggiunto le soglie-guardia di occupazione dei letti in Terapia intensiva, cioè il 30%, e in Malattie infettive e Pneumologia, sforando di un 1% il tetto del 40%, secondo l’Iss la valutazione d’impatto sugli ospedali resta «bassa».
I nuovi focolai sono 4302, i tamponi positivi sul totale crescono dal 40,5% al 44,2%. «Dall’inizio dell’emergenza ne abbiamo eseguiti 2.750.906 molecolari e 907.727 rapidi — spiega il governatore Luca Zaia — ma il ministero calcola solo i primi, spero che a breve le cose cambino. Anche perché sui 50-60 mila al giorno da noi effettuati, solo 20mila sono molecolari».
Secondo l’Iss, la classificazione complessiva del rischio è «moderata, con elevata probabilità di progressione a rischio alto». «E infatti anche se restiamo area gialla è proibito cullarsi nelle illusioni — avverte Zaia —. I prossimi giorni saranno decisivi per il futuro della sanità pubblica veneta. Abbiamo raggiunto il picco della curva del contagio e, pur in assenza di certezza matematica, speriamo nell’inizio di una discesa. Un altro dato che porta in questa direzione è il calo degli accessi nei Pronto Soccorso, benché in parte legato al comportamento responsabile della gente e al grande carico di lavoro dei medici di famiglia, meritevoli di intercettare molti accessi impropri. Tutto però dipende dal senso di responsabilità dei cittadini nel rispettare il distanziamento sociale e l’ingiene delle mani, evitare gli assembramenti e indossare la mascherina».
Ieri è stata un’altra giornata nera sul fronte dei decessi: 90. Scendono i ricoveri in area medica (2565, -12) e salgono in Terapia intensiva (323, +4). «Dopo molte settimane, per la prima volta diminuisce l’incidenza dei contagi — spiega il professor Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione al ministero della Salute — ma si mantiene comunque molto elevata, con una media di 700 casi per centomila abitanti (in Veneto è di 848, ndr ). Aumentano i ricoveri in Terapia intensiva, è bene continuare a rispettare le misure di contenimento». A Roma si sta predisponendo il Piano invernale di contrasto al coronavirus, alla base del prossimo decreto Conte atteso per il 3 dicembre e al quale Zaia si augura possano contribuire le Regioni. Sul piatto la vaccinazione anti-Covid e relativa massiccia campagna di assunzioni per fronteggiarla (il Veneto, al quale mancano ancora 1580 medici e 2525 infermieri, ne ha previste 3448, 2200 delle quali concluse: 250 riguardano camici bianchi laureati e abilitati ma non ancora specializzati), e la ridiscussione dei 21 parametri di giudizio da parte dell’Iss. Le Regioni vorrebbero ridurli a 5: Rt; nuovi casi (incidenza); tamponi positivi (molecolari e rapidi); occupazione letti in Terapia intensiva e area medica; flussi al Pronto Soccorso.