Filippo Tosatto. Costretto a cedere la delega più ambita – il coordinamento della sanità – il Veneto leghista esce a mani vuote dalla Conferenza della Regioni, isolato dalla maggioranza dem che assegna la poltrona all’Emilia-Romagna. Ne si tratta di medagliette o incarichi onorifici: coordinare la politica sanitaria del circuito regionale significa concorrere ai processi decisionali del ministero, nonché disporre in tempo reale del flusso informativo che determina le scelte del Governo. Tant’è.
L’incontro romano non ha riservato sorprese rispetto ai rumors della vigilia, che segnalavano i governatori del Pd compatti nel giudicare incompatibile la dura opposizione veneta ai tagli di Renzi rispetto al ruolo di rappresentanza svolto negli ultimi cinque anni. In apertura, comunque, il presidente Sergio Chiamparino ha proposto a Luca Zaia una compensazione, offrendogli dapprima la commissione ambiente e poi la vicepresidenza della Conferenza.
«Grazie, ma non cerchiamo premi di consolazione. Se, come riconoscete, il nostro assessore Luca Coletto ha assolto brillantemente il suo compito, allora non c’è motivo di revocarci l’incarico a meno che non prevalga il pregiudizio politico», la replica di Zaia, visibilmente irritato dalla piega degli eventi. Botta, risposta e poi la decisione favorevole agli emiliano-romagnoli del renziano Stefano Bonaccini. È tutto? Non proprio… «Un attimo, colleghi», la zampata zaiana «vi ricordo che l’Emilia detiene già la presidenza dell’Agenas, l’agenzia di servizi che costituisce il braccio operativo del ministero della Salute, e questa nuova nomina la pone in condizione di essere contemporaneamente controllore e controllato… ».
Apriti cielo. La circostanza, sfuggita ai più, scatena la colorita protesta del gruppetto di governatori democratici non allineati al premier – Michele Emiliano (Puglia), Vincenzo De Luca (Campania), Enrico Rossi (Toscana) – che gridano al “cannibalismo” e sollecitano l’immediata rinuncia al doppio incarico. Il piemontese Chiamparino, visibilmente in imbarazzo, prova a calmare le acque ma poi ammette che «Non c’è un impedimento formale ma esiste una incompatibilità di fatto e il problema andrà affrontato nella prossima seduta». Il Luca della Lega non batte ciglio, Bonaccini gli rivolge uno sguardo all’arsenico, Emiliano continua a strepitare. Finisce così. All’uscita i cronisti accerchiano Zaia: «Per la prima volta nella storia, il Veneto rimane fuori dai coordinamenti, i princìpi applicati per assegnare le deleghe non hanno voluto tenere conto del buon lavoro fatto, è un trattamento che non condividiamo», le sue parole.
Resta il fatto che a differenza della Lombardia di Maroni e della Liguria di Toti – che hanno scelto di negoziare, incassando infine un paio di poltrone -la delegazione di Palazzo Balbi si astiene sul voto finale e resta esclusa dai giochi. Niente più cabina di regìa per Coletto e sul piano manageriale fine della corsa romana anche per il direttore generale della sanità Domenico Mantoan. Sullo sfondo, un dubbio. Anzi, una tentazione. All’abbandono dall’Anci annunciato dai sindaci leghisti – che giudicano l’associazione dei Comuni uno «zerbino» del Governo – farà eco l’uscita del Veneto dalla Conferenza delle Regioni? «La questione al momento non è all’ordine del giorno», taglia corto Zaia. Al momento, già.
Il Mattino di Padova – 18 settembre 2015