Ci risiamo. Dopo il ricorso contro il bonus da 80 euro, contro i tagli alla sanità, contro i ticket, contro la riduzione delle competenze delle Regioni, contro le trivellazioni, contro lo Sblocca Italia, contro l’abolizione delle Province, contro le città metropolitane, contro la manovra (di quest’anno, dell’anno prima e di quello prima ancora), contro l’equiparazione delle roulotte e della case mobili alle normali abitazioni, contro i mancati fondi Ue per la disoccupazione e contro…
… ci fermiamo qui, perché il duello tra la Regione e lo Stato va avanti ormai da parecchio, il governatore Luca Zaia ha deciso di portare ancora una volta il Veneto «sulle barricate», per usare un’espressione che gli è cara. Stavolta gli avvocati di Palazzo Balbi si batteranno di fronte alla Corte costituzionale per riottenere da Roma il nostro «residuo fiscale», e cioè i denari (in verità piuttosto consistenti) che, scesi nella capitale sotto forma di tasse, non risalgono più qui sotto forma di trasferimenti, per essere dirottati verso altri lidi.
La delibera, approvata poco prima di Natale con affidamento dell’incarico al professore dell’università di Padova Mario Bertolissi, fa il paio con quella approvata nello stesso giorno contro le trivellazioni in Adriatico (incarico al professore pure dell’università di Padova, Luca Antonini) e, come quella, mette nel mirino lo «Sbocca Italia», su tre fronti. Uno: la corsia preferenziale in tema di esclusione dal Patto di stabilità prevista per i Comuni, senza che vi siano meccanismi analoghi per le Regioni. Due: la sottrazione alle Regioni della programmazione delle opere anti alluvione, con l’introduzione di un limite stringente, il 30 settembre 2014, per l’individuazione delle opere da finanziare o meno. Tre: la «drastica mutilazione» dell’autonomia finanziaria regionale. Quattro: il rischio che la Regione possa essere esposta a richieste danni, «pure in assenza di qualunque responsabilità», a seguito del taglio che sarà costretta ad operare a prestazioni, servizi e opere varie.
«Il legislatore ha previsto che l’uguaglianza e la solidarietà non si concretizzino mai in egualitarismo e irresponsabilità – si legge nella delibera -. E per questo ha stabilito che il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario rispetti l’esigenza di una maggiore responsabilizzazione, sia coerente con il rispetto del principio di solidarietà e di sussidiarietà e sia funzionale al superamento del criterio della spesa storica, in modo da favorire la responsabilità finanziaria e amministrativa». Ebbene, secondo i legali della Regione queste regole fondamentali, che rispecchiano i principi costituzionali di solidarietà attiva, non-discriminazione e imparzialità, nel caso del Veneto sarebbero violate «per quel che attiene l’apporto che la comunità regionale dà alla Repubblica, che determina un rilevante residuo fiscale (oltre 20 miliardi di euro per ciascun periodo d’imposta) e per quanto riguarda le politiche per la mitigazione del rischio idrogeologico. La carenza di risorse adeguate, rispetto all’apporto positivo dato dalla Regione in termini di fiscalità, genera un cortocircuito, prodotto dalla prassi, mai superata dallo Stato, di procedere linearmente».
Di qui la decisione di (ri)portare il governo davanti ai giudici, così da vedersi riconosciuta almeno una parte del cospicuo surplus che va accumulandosi tra il versato a Roma e il restituito al Veneto. Risorse fresche, che ben potrebbero essere reinvestite proprio nelle opere anti alluvione, se mai il ricorso verrà accolto, una volta spenti i riflettori della campagna elettorale.
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 28 gennaio 2015