E i Comuni non vogliono più mollare Equitalia. Il vero problema del fisco italiano lo ha illustrato Attilio Befera in persona durante la registrazione della trasmissione Porta a Porta che andrà in onda questa sera su Rai 1.
Per il direttore dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia «ci sono tanti accertamenti, ma si riscuote pochissimo e in tempi lunghi».
E infatti Equitalia avanza dai contribuenti italiani circa 545 miliardi di euro, una cifra monstre che vale un quarto del prodotto interno lordo del paese. E il Veneto in questo credito siderale, che affonda le sue radici nei primi anni del nuovo millennio, gioca un ruolo decisamente importante: a partire dal 2000 le cartelle iscritte a ruolo e mai riscosse ammontano a poco meno di un decimo del totale italiano, circa 50 miliardi di euro, praticamente un terzo del prodotto interno lordo di tutta la regione. Si tratta di multe mai pagate, contribuiti mai versati (o versati parzialmente) all’Inps e all’Inail, rate rimaste in sospeso dopo i contenziosi e altri mancati pagamenti rimasti sepolti nei bilanci pubblici che, complice la crisi economica, stanno venendo a galla uno dopo l’altro. Gli agenti di Equitalia infatti fanno sempre più fatica a tradurre in denaro sonante i crediti ceduti alla società di riscossione da parte dei Comuni, delle Province, delle Regioni e degli enti previdenziali. Mica per colpa loro, sia chiaro. La politica, in questo, ci ha messo del suo. Le leggi sulla riscossione sono cambiate diverse volte, gli uffici di riscossione hanno subito veri e propri attacchi (a livello nazionale nel 2011 sono stati circa 250) e le aziende che dovevano soldi al fisco sono fallite, sparite, dissolte a causa della crisi e perché non proprio tutti quanti i contribuenti sono santi.
La cifra astronomica che i veneti non hanno versato al fisco però è un calcolo più o meno virtuale: partendo dal presupposto che Equitalia incassa il 5-10% di quanto iscritto a ruolo e che nel 2011 sono arrivate alle direzione regionale dell’agenzia di riscossione 560 milioni di euro (un terzo di Lazio e Lombardia e meno di Campania, Toscana ed Emilia come si vede nella tabella a fianco), è facile immaginare che il totale da pagare fosse poco più di cinque miliardi di euro che, moltiplicato per 13 anni, dà agilmente 50 miliardi. In fondo, solo il Comune di Roma, l’anno scorso, aveva messo a ruolo mezzo miliardo di multe da riscuotere e alla fine dell’anno si è trovato a bilancio circa venti milioni di euro, cioé un buco spaventoso.
Anche per questo i sindaci che baldanzosamente volevano liberarsi in fretta e furia da Equitalia durante le campagne elettorali hanno poi chiesto sommessamente all’Anci di ritrattare il divorzio con l’agenzia di riscossione o almeno di rinviare la separazione di qualche mese. E proprio ieri l’associazione dei Comuni ha accontentato tutti: la procedura di gara che serviva a trovare un nuovo parner per le riscossioni e sostituire così Equitalia è stata annullata. Perché, fino a quando quei 50 miliardi di euro dovuti ai Comuni, alle Province, alla Regione (e allo stato e agli enti previdenziali) restano sospesi nel limbo della contabilità dell’agenzia di riscossione, continueranno ad apparire con il segno positivo nei bilanci degli enti locali. Ed è anche per quello che Equitalia si guarda bene dal rottamare i debiti inesigibili. Al momento della cancellazione a ruolo infatti si trasformeranno all’improvviso in buchi di bilancio che farebbero schricchiolare anche il più florido degli enti locali, per non parlare dello stato che notoriamente non naviga in buone acque. A peggiorare la situazione, dal punto di vista contabile, comunque ci ha nuovamente pensato la politica. Nel tentativo di non affossare i cittadini già macinati dalla crisi economica, ha varato una nuova legislazione che mette al riparo dal pignoramento la prima casa e dunque rende ancora più difficile per Equitalia riscuotere le somme dovute. Di qui la decisione, comunicata dallo stesso Befera, di svalutare a livello nazionale l’80% dei crediti iscritti a ruolo e puntare al recupero di cento milioni sui 545 ancora dovuti. «Per le singole regioni questo calcolo non si può fare», precisano dal ministero del Tesoro, ma l’operazione matematica è la stessa. Almeno dieci di quei cinquanta miliardi dunque dovrebbero essere recuperati in tempi lunghi (il decreto del Fare permetterà di spalmare i debiti in 120 rate contro le 72 di adesso) ma con più facilità vista anche l’introduzione di nuovi strumenti nelle mani dell’Agenzia delle entrate. A partire da ieri infatti gli agenti del Fisco hanno cominciato la raccolta dei dati di conti correnti, investimenti, depositi, obbligazioni e operazioni bancarie. E quando l’anagrafe delle banche dati sarà operativa (il 31 ottobre) sarà praticamente impossibile nascondere agli uomini di Befera (e alla Guardia di Finanza) la propria condizione economica. Anche per questo è al vaglio del governo la possibilità di aumentare il tetto dei ventimila euro per la mediazione stragiudiziale. L’anno scorso accordi incruenti tra il Fisco e i contribuenti hanno risolto migliaia di posizioni. Molte anche in Veneto.
Alessio Antonini – Corriere del Veneto – 25 giugno 2013