Dallo scorso dicembre a metà marzo in Europa si sono registrati circa 2.700 casi di influenza aviaria ad alta patogenicità: quasi la totalità dei casi ha riguardato volatili, ma sporadicamente sono stati osservati virus influenzali anche in alcuni mammiferi e, in un caso, nell’uomo. Sono i numeri che mostra l’ultimo rapporto congiunto di Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) ed Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) sulla sorveglianza dell’influenza aviaria: “I virus aviari continuano a essere presenti nelle popolazioni di uccelli selvatici in Eurasia”, ma al momento “il rischio di infezione per la popolazione generale è valutato come basso”.
Il rapporto si è concentrato principalmente sui “virus aviari ad alta patogenicità, in particolare A/H5N1 – uno dei pochi ceppi di influenza aviaria che è passato all’uomo: 1.030 casi sono stati registrati nel pollame, 1.489 casi in uccelli selvatici e 133 casi in uccelli in cattività. La Germania è il paese in cui sono stati registrati più infezioni, 809 in tutto, segue la Francia con 645 casi. L’unico caso di infezione umana registrata ha riguardato un cittadino britannico, che si è infettato a dicembre: l’uomo ha presentato un’infezione completamente asintomatica, e non sono stati osservati processi di adattamento a nuove specie. Nello stesso periodo, segnala il rapporto, sono stati registrati altri 32 casi umani in Asia, tra Cina e Cambogia.
In Italia – che ha registrato diversi focolai a gennaio – il rapporto ha rilevato 144 casi, quasi tutti nel pollame, ma la sorveglianza ha individuato anche sei casi di aviaria tra i mammiferi: volpi, lontre, furetti, puzzole, linci. Nonostante il numero di infezioni sia contenuto, gli animali vengono tenuti sotto stretta osservazione perché, in alcuni casi, i virus hanno manifestato mutazioni che indicano un adattamento alla nuova specie di animale.
L’allarme per l’influenza aviaria è stato lanciato a inizio gennaio dall’Organizzazione mondiale per la salute animale (Oie), che ha denunciato un rischio maggiore di diffusione nell’uomo a causa dell’elevato numero di varianti: “Questa volta la situazione è più difficile e più rischiosa perché vediamo emergere più varianti, che sono più difficili da seguire” ha detto il direttore generale dell’Oie, Monique Eloit. “Alla fine il rischio è che muti o si mescoli con un virus influenzale umano che può essere trasmesso tra esseri umani e quindi improvvisamente assuma una nuova dimensione” ha aggiunto Eloit.