L’Autorità chiede maggiori garanzie a tutela della riservatezza delle lavoratrici madri nel suo parere su uno schema di decreto interministeriale elaborato dal Ministero del lavoro che detta le modalità tecniche per la predisposizione e l’invio all’INPS dei certificati medici di gravidanza, interruzione della gravidanza e parto. “No ad invio in automatico del certificato”. Il parere
“Servono maggiori garanzie a tutela della riservatezza delle lavoratrici madri”. È quanto chiede il Garante privacy nel parere espresso su uno schema di decreto interministeriale elaborato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali che detta le modalità tecniche per la predisposizione e l’invio all’INPS dei certificati medici di gravidanza, interruzione della gravidanza e parto.
“In base al Testo unico – rileva l’Autorità – sulla maternità e paternità, questi certificati devono essere inviati all’INPS direttamente dal medico del Servizio Sanitario Nazionale, esclusivamente per via telematica, utilizzando il medesimo sistema di trasmissione delle certificazioni di malattia.
Lo schema di decreto sottoposto all’Autorità, che ha già recepito molte delle indicazioni fornite dall’Ufficio del Garante nel corso di incontri avuti con le amministrazioni interessate, presenta, tuttavia, ancora dei profili che devono essere ulteriormente perfezionati”.
Secondo l’Autorità lo schema deve “essere integrato prevedendo che l’invio telematico dei certificati, come stabilito dalla normativa, non sia automatico, ma avvenga su richiesta della lavoratrice per consentirle di potersi avvalere dei diritti che l’ordinamento le riconosce (interruzione della gravidanza, non riconoscimento del figlio, parto in anonimato). Occorre, infatti, scongiurare il rischio che si instauri la prassi dell’invio automatico dei certificati senza verificare che la donna sia una lavoratrice e che voglia avvalersi dei benefici erogati dall’Inps. Nello schema inoltre, deve essere inserita una specifica disposizione che preveda l’adozione di idonee misure di sicurezza a protezione dei dati. Particolare attenzione poi, deve essere, riservata ai dati che, in base alla normativa di settore o ai principi del Codice privacy, possono essere inclusi nei certificati. Nello schema vanno quindi evitate le diciture che possono risultare generiche o ambigue, o che possono arrecare lesioni alla riservatezza delle lavoratrici”.
Inoltre, l’Autorità ha chiesto, ad esempio, che sia “espunta dal certificato di interruzione di gravidanza l’informazione sulle condizioni del feto al momento della nascita (vivo, morto), poiché ininfluente (e quindi eccedente e non pertinente) ai fini della fruizione dei periodi di assenza dal lavoro per malattia o degli eventuali benefici previdenziali o assistenziali”. Ulteriori modifiche richieste dal Garante riguardano il perfezionamento dello schema per evitare che il datore di lavoro venga a sapere informazioni che non deve conoscere e l’individuazione, anche per categorie, delle strutture sanitarie competenti all’invio dei certificati.
QS – 21 luglio 2015