Il Sole 24 Ore. Le formiche sono dolci, le cimici sanno di mela e le larve di falena sono piccanti. Gli insetti potrebbero essere il cibo del futuro, insieme ad alghe e funghi, secondo uno studio di Nature Foods, nel quale i ricercatori dell’Università di Cambridge hanno delineato la fisionomia dell’alimentazione più adatta a sostentarci negli anni a venire. Gli autori citano alcune delle principali crisi degli ultimi mesi, oltre a quella del Covid, per far capire l’emergenza: l’invasione delle locuste in Africa orientale e nella penisola arabica, la siccità e gli incendi in Australia e Stati Uniti, le alluvioni nel Sud Est asiatico, la peste suina africana e l’aviaria, tutte spie di una crisi permanente che minaccia quasi tutti gli aspetti della produzione di cibo classica.
La parola d’ordine è dunque novel foods, per evitare la malnutrizione di un numero crescente di persone, combattere gli effetti del cambiamento climatico e ridurre il rischio di nuove pandemie devastanti. Solo alimenti ottenuti con metodologie diverse, più controllabili e adattabili sia ai grandi poli urbani, sia alle singole realtà locali, possono assicurare una maggiore autosufficienza, una diversificazione dei nutrienti e una produzione complessiva adeguata a un’umanità di oltre 10 miliardi di individui a fine secolo. Novel foods significa anche reti policentriche, network che permettano di spezzare le grandi filiere globali, insostenibili dal punto di vista ambientale ed estremamente fragili, a favore di sistemi di produzione più locali e più resilienti. Tra i novel foods più importanti, insieme alla microalga spirulina o ai microfunghi Fusarium venenatum, ricchi di proteine, spiccano gli insetti, già ampiamente consumati in Asia, Africa, Oceania e America Centrale. In Europa, oggi, l’entomofagia si è persa quasi del tutto. Nel passato, però, gli insetti facevano parte della dieta degli europei.
Il numero di specie degli insetti è ancora dieci volte superiore a quello dei mammiferi e le specie commestibili sono oltre 1.900, per cui attingere a queste proteine risolverebbe il problema delle risorse insufficienti. In base a uno studio Fao, allevando gli insetti si potrebbero riconvertire i rifiuti organici, come letame e scarti alimentari, in proteine di alta qualità nutrizionale, applicando un perfetto modello di economia circolare. Gli insetti rappresentano una scelta valida sia dal punto di vista ambientale che nutrizionale, contenendo proteine di alta qualità. Sono a basso contenuto di grassi e molto versatili nelle preparazioni, dal salato al dolce.
Per i consumatori europei l’arrivo degli insetti in tavola è sempre più vicino. Dopo il parere favorevole dell’Efsa, l’Autorità per la sicurezza alimentare, la Ue ha autorizzato la commercializzazione come alimento del Tenebrio molitor, più comunemente conosciuto come tarma della farina. Centinaia di altri nuovi alimenti verranno esaminati nei prossimi mesi. Ora le tarme della farina potranno essere immesse in commercio come insetti essiccati interi o sotto forma di farina per biscotti, barrette proteiche e pasta. La novità ha suscitato un grande interesse, mettendo in moto un mercato, quello dei prodotti alimentari a base di insetti, stimato attorno a 1,5 miliardi di dollari nel 2026.
Le resistenze dei consumatori più tradizionalisti, secondo uno studio condotto dalle Università di Pisa e di Parma, potrebbe essere superate con la corretta comunicazione. «La comunicazione è un fattore cruciale quando si affrontano argomenti ignoti, specialmente se legati a preconcetti», fa notare Simone Mancini, dell’Università di Pisa. Nel test successivo a un seminario informativo sugli insetti commestibili, i partecipanti hanno accettato di assaggiare due tipologie di pane, del tutto identiche e a base di sola farina, sebbene una delle due fosse etichettata come “contenente insetti”. Da qui la sorpresa: i partecipanti hanno dato ai campioni “contenenti insetti” punteggi più alti per sapore, consistenza e gradimento generale.