Gli insetti possono diventare alimenti secondo le leggi dell’Unione europea? E’ con questa domanda, solo apparentemente provocatoria, che il professor Valerio Giaccone ha aperto venerdì 7 giugno a Lonigo il convegno “Il mangiare diverso, nuove abitudini alimentari da conoscere e controllare”, organizzato da Ulss 5 e Simevep. Dal 2013 al 2050, ha spiegato Giaccone, la popolazione mondiale passerà da 7,2 a 9 miliardi di persone e bisogna trovare nuove fonti di cibo. Le riserve ittiche sono in calo, occorrono nuove sorgenti per la preparazione dei mangimi, servono nuovi terreni agricoli a scapito delle foreste. L’aumento della zootecnia farà crescere le emissioni di CO2 e la Fao ha caldamente sollecitato un ritorno all’entomofagia.
Ma quali valore nutrizionale hanno gli insetti e il mangiarli che aspetti di salute pubblica presenta? Da qui il docente, di fronte al folto e interessato pubblico, ha ripercorso la storia, elencato le specie di insetti edibili, gli indici di conversione metabolica degli insetti, i patogeni e i fenomeni allergici. Un mondo sconosciuto ai più che ha aperto nuove e inimmaginabili frontiere.
Quindi Giaccone è passato agli aspetti legislativi. A rigore gli insetti, di cui il professore aveva introdotto un’ampia e coloratissima carrellata fotografica, non sono citati esplicitamente nelle normative comunitarie. Partendo dalla definizione di alimento che dà l’articolo 2 del regolamento Ce 178, il docente ha concluso che nulla vieta che gli insetti lo possano diventare, purché, beninteso, rispettino le leggi Ue. Il problema è semmai un altro: per noi occidentale non è “ragionevole” vedere gli insetti come alimento.
Si possono importare insetti da paesi extra-Ue? Certo, se in quei luoghi essi sono prodotti con i criteri dell’Unione europea. In teoria quindi gli insetti potranno essere importati o allevati. In questo secondo caso l’allevatore dovrà applicare le buone prassi di allevamento, fare autocontrollo e rintracciabilità.
Giaccone ha ipotizzato tutti gli obblighi, dal veterinario curante alla vendita diretta, dalla lavorazione ai requisiti igienici. Fino alla produzione bio. E per l’etichettatura? Valgono le regole per tutti gli altri prodotti: oggi il dlgs 109/1992, dal 2014 il regolamento 1169.
Ma che posto possono avere i nuovi cibi nella nostra alimentazione e quali sono le loro proprietà nutrizionali? A dare una risposta il professor Giovanni Ronzani, specialista in scienza dell’alimentazione, che ha analizzato valori e caratteristiche di macroalghe marine e insetti. Le proprietà nutrizionali delle prime non sono ancora completamente note e, pertanto, sono stimate solo sulla base della loro composizione chimica. I valori nutrizionali degli insetti edibili sono molto variabili per l’elevata diversificazione delle specie, lo stato metamorfico, la cottura e la preparazione.
«Il problema comunque – ha detto Ronzani – non è semplicemente quello di convincere le popolazioni occidentali a consumare insetti ma, soprattutto, quello di impedire la scomparsa della pratica tradizionale di consumare insetti di fronte all’avvento della occidentalizzazione dei regimi alimentari».
Paolo Scarpi, dell’Università di Padova, ha affrontato gli aspetti culturali dell’approccio ai nuovi cibi. Secondo la Fao oggi nel mondo almeno due milioni di persone consumano insetti quotidianamente: scarafaggi, larve, formiche, cavallette. Tuttavia, da noi, la sola idea di portare alla bocca questi insetti suscita un senso di repulsione. I dibattiti che in questi giorni hanno girato intorno alla proposta della Fao in vari media avevano un chiaro approccio etnocentrico rispetto a ciò che mangiamo. Associando il consumo di insetti ad un comportamento primitivo, come se noi fossimo detentori della verità assoluta su ciò che è o che non è consentito mangiare.
«Mi chiedo – ha affermato il docente – cosa penseranno in altri paesi delle nostre abitudini di mangiare lumache, coniglio arrosto, o addirittura della paella con coniglio e lumache? Penso che in molti non reggerebbero alla vista del loro coniglietto cucinato come una bistecca e contornato da molluschi bavosi. Oggi è difficile accostarsi al «cibo degli altri» con qualcosa di diverso dalla curiosità, anche se in alcuni casi le nostre reazioni di fronte, per esempio, al latte cagliato con orina di bufala, oppure a insetti, siano locuste o lombrichi, o ancora alla carne di cane, riflette l’irriducibilità di quei “cibi” ai nostri codici alimentari, e viceversa quella dei nostri cibi ai codici alimentari degli altri».
Focus sull’etichettatura nel pomeriggio ancora con il professor Valerio Giaccone dell’Università di Padova. Il Regolamento 1169, che entrerà in vigore a fine 2013 e a fine 2016, regolerà le parti generali dell’etichettatura, ma restano le disposizioni per le parti specifiche. Da domani, ad esempio la Gdo se metterà su un prodotto il proprio marchio se ne assumerà la responsabilità anche se è fatto da altri. Chi vende al dettaglio potrà modificare la shelf life ma lo farà sotto la sua completa responsabilità. In futuro ristoranti e mense dovranno dare informazioni ai consumatori come da Regolamento 1169. Dopo una disamina delle principali novità che verranno introdotte dal regolamento, Giaccone ha affrontato in particolare l’etichettatura nei cibi etnici, con problemi legati alla mancanza di leggibilità, le cattive traduzioni, il distacco dell’etichetta.
D’altro canto anche la ristorazione etnica presenta aspetti di salute pubblica da approfondire. Al di là delle cronache dei giornali, va detto che anche la spesso incriminata Cina punta a soddisfare i propri clienti che chiedono cibo low cost ma di qualità. In Italia su 100 ristoranti 9 sono stranieri e gli italiani rispondono bene alla ristorazione etnica, ma solo il 2% degli italiani dice di fare acquisti nei negozi etnici. Quanto agli aspetti igienici, i cibi crudi hanno problemi microbiologici dati da virus e batteri patogeni e anche parassitari. Anche i cibi manipolati danno problemi sull’igiene di manipolazione del posto. I cibi etnici sono comunque un patrimonio culturale che va mantenuto, ma che va anche difeso dalle falsificazioni.
A Luigi Piscitelli, direttore del servizio Sicurezza e allerta alimentare dell’Asl di Milano, il compito di illustrare le esperienze pratiche nelle attività di vigilanza e di controllo ufficiale nelle imprese alimentari etniche. In Italia le imprese con titolare extra Ue si trovano al 57% in Veneto (dove è più alta della media nazionale la presenza dell’etnia cinese), Lombardia, Toscana, Emilia Romagna e Lazio. Una casistica di grandissimo interesse che ha saputo affascinare gli ascoltatori, anche grazie alle belle immagini. Così il racconto delle migrazioni, dell’identità culturale dei diversi popoli, ha ripercorso gli itinerari dei nuovi prodotti. E ancora le stravaganti diciture straniere scritte in etichetta (magari trovate con l’ausilio di Google) che riportano in auge specie ittiche preistoriche ormai scomparse, battezzano le carni come vegetali, o riproducono, per descrivere un prodotto del Maghreb, frasi surreali (“usate il grano nero perché guarisce da tutti i mali tranne la morte”). Ma tanto chi lo capisce l’arabo?
A cura di Cristina Fortunati – 12 giugno 2013 – riproduzione riservata
Scarica gli atti del convegno
I cibi “nuovi”. Generalità e caratteristiche igienico-sanitarie – Valerio Giaccone
Quale posto per i nuovi cibi nella nostra alimentazione? – Giovanni Ronzani
Aspetti culturali dell’approccio ai “nuovi cibi”- Paolo Scarpi
L’etichettatura dei nuovi alimenti: problemi e prospettive future – Valerio Giaccone
Etnoristorazione e igiene alimenti – Valerio Giaccone
Esperienze del controllo ufficiale – Luigi Piscitelli