La riforma costituzionale («una rivoluzione benefica per l’Italia») come «anno zero» per le regioni. Che dovranno tenere la «schiena dritta» con decisioni di spesa trasparenti. Pensando da sé a una autoriforma, anche le macro-regioni. Stefano Bonaccini, 47 anni, governatore dell’Emilia Romagna, spiega in questa sua prima intervista da rappresentante dei governatori, programmi e progetti all’inizio del suo mandato.
«La manovra 2016 è sostenibile», afferma. Sulla sanità «non si deve parlare di tagli, ma di minor aumento», anche se per il futuro va rivisto il finanziamento. Colmando il gap Nord-Sud e superando definitivamente i piani di rientro. Anche pensando ai Fondi sanitari integrativi: «Una sfida da accettare. Ma il pubblico deve governare processi e cambiamenti».
Presidente Bonaccini, che anno sarà il 2016 per le regioni?
Un anno di sfide. Se, come mi auguro, andrà in porto la riforma costituzionale, sarà l’”anno zero”: le regioni acquisiranno un’importanza non dico superiore, ma certo fondamentale. Col superamento e poi la scomparsa delle province, saranno il cuscinetto tra Stato e territori.
Le prime sfide del suo mandato?
La riflessione sulle riforme costituzionali in itinere, che sono una rivoluzione benefica per l’Italia. Il rilancio del meccanismo “pattizio” col Governo in tutti i settori. E la necessità di accentuare il percorso di autoriforma da parte delle regioni.
Ma le regioni sono pronte a svolgere la nuova parte che le assegna la riforma costituzionale? Non è che godano di grande popolarità…
Le Regioni devono, non possono, essere pronte. Un rilancio della loro immagine passa anche con la trasparenza nelle decisioni e nei meccanismi di spesa. Le decisioni del mio primo anno da presidente in Emilia Romagna col taglio dei costi della politica, non solo ci ha fatto risparmiare, ma ha anche dato un senso a quella sobrietà che dovrà sempre più caratterizzarci e aiutarci ad accorciare il solco che s’è creato in questi anni tra eletti ed elettori.
Sarà una missione molto difficile.
Io credo che, conoscendo l’importanza del ruolo che ricopriamo e che rivestiremo, bisogna averne la consapevolezza e la schiena dritta. Anche sapendo che probabilmente non tutte le regioni hanno la stessa qualità di governo. E badi, non è un problema di colore politico.
Dovrete cambiare insieme, però. Non più andare in ordine sparso.
Se le regioni, andando in ordine sparso nei confronti del Governo, pensano di contare di più, prenderebbero un grande abbaglio. So bene che essere il rappresentante dei presidenti, implica autonomia dal Governo, nonostante io sia un gran tifoso di Renzi. Ma il premier sa che qualora io non sia d’accordo con alcune scelte politiche, non mancherò di rimarcarlo. Non sono abituato a lamentarmi, ma non mi piacciono le istituzioni che lo fanno per dare le colpe ad altri. Dopo di che, ancora schiena dritta. Non sarò lì a elencare i problemi. Cercherò sempre di indicare le soluzioni possibili.
I l futuro sono le macro regioni?
Intanto credo che sia utile non sovrapporre continui riordini istituzionali. Ci troveremmo con la riforma istituzionale finalmente senza più bicameralismo paritario, tre soli livelli di governo, incentivi alle fusioni di comuni. Una rivoluzione positiva per l’Italia. Ma non credo che la soluzione sia di spezzettare le regioni. Nessuno può pensare che i presidenti accettino lo smembramento delle proprie regioni. Altra cosa è ragionare se sia possibile un accorpamento, o macro-regioni che mettano insieme territori simili o con aree omogenee in cui insistere. Trovo però questo un argomento troppo serio per avere protagonismo o una foto sui giornali. Proporrò di costituire un gruppo di lavoro e tra noi fare una riflessione per non farci dettare un’agenda ma per essere noi stessi protagonisti di una proposta di autoriforma. Sapendo che è tema di domani, non di oggi.
E il 2016 porta tagli: ce la farete?
Per il 2016 io credo che ce la faremo a reggere. Gli effetti della manovra saranno sostenibili. E ringrazio Sergio Chiamparino che ha garantito nel confronto col Governo alcuni ritocchi migliorativi. Al netto delle legittime opinioni, la legge mette insieme tagli sensibili alle tasse e forti incentivi sugli investimenti, la prima misura organica contro la povertà, investimenti per edilizia scolastica, lotta al dissesto e riqualificazione delle periferie. Non è poco.
Ma c’è il fardello della sanità e del taglio nel 2016. Altra grana.
La sanità non è un fardello, la salute è un valore della Costituzione. Il Ssn è un motore di sviluppo per le imprese, la ricerca clinica, l’occupazione e l’innovazione, anche sociale. Sono questa consapevolezza e responsabilità che dobbiamo tutti cementare e consolidare. È essenziale che le regioni in piano di rientro, ne escano al più presto. Servono regioni che tornino a disegnare i servizi cui tutti i cittadini, a prescindere dalla residenza, hanno diritto.
Facile a dirsi…
Molte di queste regioni stanno uscendo dai commissariamenti. Il Ssn non è efficace se pezzi d’Italia si occupano solo di far tornare i conti. Compito delle regioni in equilibrio sarà di far crescere la qualità in tutta Italia, concretamente. Questa è la solidarietà che immagino.
Dicevamo dei tagli al Ssn.
Sulla sanità, sono tra chi sostiene che non c’è un taglio: è un minor incremento. Anche grazie ai risparmi, da reinvestire, per le centrali uniche d’acquisto, per l’appropriatezza e la lotta agli sprechi. Quel che dovremo discutere col Governo è che non possiamo mantenere il trend di oggi. Non è vero d’altra parte che nel passato ad un aumento di risorse ci sia stato ovunque aumento di quantità e qualità di servizi. Dunque nessuna scorciatoia, per nessuno, ma discussione seria. Al Governo va posto il tema che a fronte di più servizi, servirà un aumento delle risorse. Ma basta col giochino che servono solo più risorse.
Costi standard in sanità?
Intanto è bene che per la prima volta ci sia un “fondino” per i costi standard: il tema dei costi standard, come lo pone anche Roberto Maroni, è da perseguire. Purché non premi solo le regioni virtuose, ma aiuti anche chi ha dimostrato di migliorare per qualità e quantità dei servizi.
Unire le venti sanità d’Italia?
Al termine del mio mandato vorrei che si potesse parlare di piani di miglioramento-potenziamento del Ssn. Sono già previsti per legge ma ci siamo occupati prevalentemente dei primi. Per farcela, vanno contaminati i percorsi sanitari delle regioni. Mi piacerebbe che si formassero, davvero, squadre inter-regionali di miglioramento nei singoli settori: mescolare le buone pratiche cliniche tra tutte le regioni , per annullare le differenze di risposta sanitaria.
I Fondi sanitari integrativi?
Una sfida da accettare. Le regioni non possono stare a guardare quasi fosse uno sport che non le riguarda. Dovremmo costituire una regia pubblica e contribuire anche finanziariamente a fondi misti. Penso al socio-sanitario e alla non autosufficienza dove la spesa privata è in forte crescita e spesso affidata al fai-da-te. Al “badantato” e al privato sociale. Possiamo continuare a non occuparcene? In Emilia-Romagna il tema c’è. Credo che discuterne in Conferenza possa fornire spunti di riflessione e poi operativi di grande portata. Con il pubblico che governa processi e cambiamenti.
Roberto Turno – Il Sole 24 Ore – 2 gennaio 2016