La domanda interna fatica a ripartire. E a marzo le vendite al dettaglio rimangono deboli, anche se il confronto annuale con il 2016 risente della Pasqua anticipata.
Secondo Istat, le vendite al dettaglio del mese di marzo 2017 rispetto a marzo 2016 diminuiscono dello 0,4% a valore e dell’1,4% a volume. A livello congiunturale prevale invece la stabilità a valore e una lieve crescita a volume, +0,3%.
Il confronto più omogeneo è quello tendenziale, se non fosse che il marzo 2016 comprendeva la Pasqua, con i consumi tipici del periodo. Pertanto i dati non sono realmente confrontabili con la Pasqua 2017 arrivata in aprile. Più significativo il dato del primo trimestre 2017 che evidenzia un aumento delle vendite dello 0,7% in valore sul trimestre precedente. Per trovare un incremento maggiore bisogna risalire a fine 2010.
Rimanendo sul dato tendenziale 2017/16, per i prodotti alimentari si rileva una diminuzione dell’1,8% a valore e del 4,5% in volume. Mentre per il non food (meno influenzabile dai consumi pasquali), le vendite sono in aumento dello 0,3% a valore e dello 0,6% a volume.
A soffrire di più sono le vendite nella grande distribuzione (-1,1%), con arretramenti per food (-1,8%) e non food (-0,1%). Stabili i piccoli negozi (+0,1%).
Spacchettando il dato della grande distribuzione (che veicola il 60/70% delle vendite), il dato peggiore rimane sempre quello degli ipermercati, in crisi in Italia e in Europa, con un -3,2%; seguito dai supermercati (-1,3%).
Molto meglio i discount alimentari che mettono a segno una crescita dell’1,2%: probabilmente il motivo è da ricercare nella crescita continua della rete commerciale. Quanto ai gruppi non alimentari, prevale l’eterogeneità. Le variazioni negative su base annua più marcate riguardano i gruppi informatica, telecomunicazioni e telefonia (-2,8%) oltre che cartoleria, libri, giornali (-2,2%). Le variazioni positive di maggiore entità si registrano per i farmaceutici (+2,2%), abbigliamento e pellicceria (+1,4%).
Ma quali sono i dati reali registrati dalla distribuzione moderna? «Nei primi quattro mesi del 2017 abbiamo rilevato alcuni piccoli segnali positivi, anche a volume – osserva Francesco Avanzini, direttore commerciale di Conad -. Tuttavia sono molto cauto: veniamo da un periodo lungo in cui tante volte è sembrata profilarsi una svolta che poi non si è realizzata». Quali le categorie migliori? «Si tratta – risponde Avanzini – di prodotti di sostituzione. Mi spiego: continuano ad andare male le categorie delle proteine, ovvero carni rosse e, ora, anche bianche; latte e derivati. Quindi le scelte dei consumatori cadono sui prodotti vegetali e sui salutistici». Per Avanzini bisogna attendere ancora un mese o due per capire il trend del 2017. Più o meno in linea il giudizio di Maniele Tasca, dg di Selex (insegne Famila, A&O, Alì, Emi), secondo cui «non ci sono macrocategorie che si distinguono, se non quelle dei prodotti salutistici e a contenuto di servizio. Lo stacco si avverte nell’attenuarsi della componente deflattiva che ha caratterizzato il 2016. Peraltro in questo primo quadrimestre, come gruppo abbiamo fatto meglio della media del mercato».
Infine, Tasca sottolinea che il venir meno della deflazione ha rilanciato le richieste di aumenti di listino dell’industria «che in questo momento non si riesce a trasferire al consumo a causa della debolezza della domanda».
Emanuele Scarci – Il Sole 24 Ore – 10 maggio 2017